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Gianni Cuperlo vola nei congressi provinciali, panico renziano

Quello che sarebbe dovuto essere lo sfidante è in testa nella conta delle sezioni: i pericoli per Renzi crescono di giorno in giorno
di Michele Chicco giovedì 31 ottobre 2013

Gianni Cuperlo e Matteo Renzi

2' di lettura

Piano piano, l'ultimo segretario dei giovani comunisti italiani sta scalfendo il (presunto) dominio del rottamatore: Gianni Cuperlo è in testa nei congressi provinciali del Partito democratico e Matteo Renzi per ora (ri)veste i panni dell'inseguitore. Che Cuperlo, nell'88 ultimo a guidare la Figc, potesse provare l'ebbrezza della testa proprio non se l'aspettava nessuno dei commentatori politici, ma chi nelle dinamiche dem ci sguazza uno scellino l'avrebbe anche puntato. Il Pci funzionava così e il Pd, che è il nipote prediletto, pure: le sezioni, i militanti e l'apparato hanno un potere immenso e quando in campo di sono i maestri delle tessere ecco che tutta questa forza viene allo scoperto. E si fa notare.  Cento - I dati li ha sbandierati proprio il vecchio Gianni: su 76 congressi chiusi su cento, ben 48 candidati vincenti hanno in Cuperlo il loro "capo". Renzi, invece, si deve accontentare di appena 28 province conquistate e deve rincorrere. Certo, in alcuni capoluoghi i due sono fianco a fianco e i candidati bipartisan. Però il dato che emerge è netto: Renzi sta rischiando grosso nella conta interna e i risultati definitivi, che arriveranno il 6 novembre, preoccupano non poco il sindaco di Firenze. Pierluigi Bersani, uno smacchiato dalla storia, se la ride perché di Cuperlo è lo sponsor numero uno. "Non sta andando come credevano loro - dice - su questi qui finirà pari, forse qualcosina in più per noi". E' contento, ma ci va piano. Un po' perché è esperto di sconfitte all'ultimo chilometro, un po' perché, in attesa delle primarie dell'8 dicembre, vuole continuare a far passare Cuperlo come lo sfidante di Renzi e non viceversa. Apparato - Ma come ha fatto Cuperlo a superare l'eterno giovane e promettente Matteo? Come scrive Maria Giovanna Maglie su Libero in edicola, "chi si stupisce sicuramente non conosce o non sa valutare come si muove, ragiona e sopravvive il corpaccione dell'ex partito comunista, che è anche lo stesso della scelta illiberale, ma per il corpaccione naturale e salvifica, del voto palese contro il Cavaliere". Chi comanda nei democratici, insomma, è chi ha nei cassetti delle scrivanie pacchi pieni di tessere: solo così si vincono i congressi, nonostante l'eterno giovane si sforzi di indossare jeans e camicie. Adesso il rischio è che il povero Matteo rimanga fermo o che, quanto meno, la sua leadership non possa essere a tutto tondo. Il Pd ha bisogno tanto di un capo che faccia il capo e sia, soprattutto, legittimato dalla base del partito. Di un leader spuntato non sanno proprio che farsene, anche se son maestri nel bruciare promesse.       

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