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L'inciucio tra Pdl e LegaScambio di favori per le riforme

di Alvise Losi domenica 24 giugno 2012

2' di lettura

Giorni di dialogo all'interno della maggioranza e tra parte della maggioranza e parte dell'opposizione, tra ex e nuovi alleati. Sul piatto c'è la legge elettorale, che ogni formazione politica vorrebbe in linea con le proprie esigenze. Scambio di favori - Lega e Pdl, in particolare, starebbero cercando di trovare un accordo per mettere in minoranza il Pd. Nessuno è più contento della legge elettorale Porcellum, ma le esigenze sono molto diverse. Il Carroccio ambisce a portare il federalismo in Parlamento e vorrebbe introdurre il Senato federale, come conferma Ignazio La Russa, che ricorda come "ci sono delle proposte di legge firmate da Bossi e Berlusconi, quindi votarlo non sarebbe una sconfitta per nessuno". Così, con il Pdl disposto ad appoggiare la richiesta degli ex alleati, la Lega darebbe di buon grado man forte per far passare l'idea di Silvio Berlusconi e Angelino Alfano sulla legge elettorale alla "francese", con l'elezione diretta del Presidente della Repubblica. In realtà un'ufficialità degli incontri non c'è, ma in questi giorni i capigruppo dei due partiti ne stanno parlando e sono convinti di poter portare a termine l'accordo. E le parole di Roberto Maroni ad Angelino Alfano suonano come apertura: "Stacchi la spina al governo e poi ricominciamo a parlare". Pd incastrato - In quest'ottica il Partito democratico, che nei sondaggi è attualmente il primo partito, rischia di restare tagliato fuori. Anche perché la sua proposta di modifica del Porcellum, con un premio di maggioranza del 15% dei seggi, non trova d'accordo né Pdl né Udc, che preferirebbero un premio meno consistente. Il dialogo è aperto ma nessuno ha intenzione di esporsi ufficialmente, anche perché prima deve essere varata la riforma sulla riduzione del numero di parlamentari. Solo dopo si potrà parlare seriamente di riforma della legge elettorale. E, a Maurizio Migliavacca, coordinatore della segreteria Pd, che minaccia di ricorrere al referendum in caso di varo dell'elezione diretta del Capo dello Stato, il solito La Russa confida risponde senza mezzi termini. "Un terzo del Parlamento dovrebbe assumersi la responsabilità di rinviare non solo l'elezione diretta del presidente, ma anche il taglio dei parlamentari".

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