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Quando Fini diceva no alla scorta

venerdì 17 agosto 2012
2' di lettura

Chi si ricorda di Il Portalettere? Era il 1991 e Piero Chiambretti. all'epoca a Raitre, si divertiva a recapitare ai protagonisti della politica italiana lettere piuttosto pepate. Il periodo era caldo: il presidente della Repubblica (ancora per poco)  Francesco Cossiga menava picconate alla Prima Repubblica ed andargli dietro erano soprattutto le forze nuove, la Lega di Umberto Bossi e il Movimento sociale di un giovane segretario, 40enne, sobrio e rampante: Gianfranco Fini. Silvio Berlusconi non aveva ancora sdoganato il partito che fu di Almirante, Fiuggi era lontana e infatti Chiambretti si avventura nella sede romana del Msi ancora parodiando saluti fascisti e mani tese. Fini la prende sul ridere, scherza su Mussolini, sbeffeggia Bossi ("E chi è? Vuol fare il postino anche lui", lo slogan "La Lega ti frega") e poi si fa serio quando Chiambretti gli chiede della questione delle scorte. Allora come ora, la parola d'ordine era ridurre gli sprechi, le bodyguard, le auto blu. "Io quando giro per Roma voglio essere libero. Ho chiesto al ministero di non dotarmi di scorta, anche perché ritengo che gli uomini politici possano farne tranquillamente a meno". "Ma lei non ha paura", chiede Chiambretti. E Fini, secco: "Se uno è del Msi non può avere paura, a maggior ragione se fa il segretario del Msi". Era il 1992, Fiuggi era lontana, così come Alleanza Nazionale, il Pdl, Futuro e Libertà. Fini, da segretario di partito minoritario, è diventato ministro prima e presidente della Camera poi. E di idee ne ha cambiate parecchie, comprese quelle sulle scorte. E' servito un articolo di Libero sulla sua, di scorta, con nove stanze prenotate per due mesi in un albergo a Orbetello, per fargli capire che forse le regole devono cambiare.

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