Roba da comiche

Giuseppe Conte ci ripensa, "niente proroga dello stato di emergenza". Retroscena: siluro su Speranza e Arcuri

Il governo ci ripensa sulla proroga dello stato di emergenza, che doveva proseguire dal 31 luglio giorno di scadenza al 31 dicembre. È quanto sostiene il quotidiano La Stampa che scrive: "Appena rientrato da Bruxelles il premier Conte incontrerà il ministro della Salute  Roberto Speranza per decidere il da farsi, ma il ritorno alla normalità legislativa, con il governo che decreta e il Parlamento che approva e modifica, sembra cosa fatta. Troppe voci contrarie nella maggioranza, non solo tra i renziani ma anche nelle fila dell'azionista di maggioranza dell'esecutivo, cioè il Pd di Zingaretti. Del niet del centro destra, Forza Italia a parte, nemmeno a parlarne, ma a preoccupare è il rapporto con le Regioni, a maggioranza governate proprio dalle opposizioni".

 


A rimetterci sarebbe il ministro della Salute che si era fatto promotore della proroga che ha chiesto di «prorogare comunque i poteri straordinari ancora indispensabili che devono essere conservati».  Restano caldi altri nodi come "il blocco dei licenziamenti, che scade appunto con lo stato emergenziale ma che, insieme ad altre misure di carattere economico e generale, potrebbe essere riproposto da un decreto legge da emanare entro fine mese. Ma intanto si fa già sentire il pressing di Confindustria e delle altre associazioni di impresa, che lamentano di non reggere il calo verticale dei fatturati con l'obbligo di non ridurre gli organici. Di certo, se il divieto di licenziare saltasse si profila un autunno caldo sul piano sociale ancor più che su quello sanitario". 

La mancata proroga mette in difficoltà anche il commissario straordinario Domenico Arcuri che ora si occupa anche di scuola "la sua nomina avvenuta con Dpcm", scrive La Stampa, "è legata appunto alla durata dello stato di emergenza e non sarà semplice rinnovare con un decreto il commissario di un'emergenza che non c'è più. Sulla carta, perché poi è da Arcuri che dipende in larga parte la riapertura delle scuole a settembre. Infatti, se il bando di gara per acquistare i 2 milioni di test sierologici da eseguire su insegnanti e dipendenti è partito già, altrettanto non si può dire dell'acquisto di 4 milioni di nuovi banchi "monoposto", senza i quali è impossibile riaprire le aule in sicurezza" 

"E anche i 10 milioni di mascherine al giorno che serviranno solo per la scuola sono un problema, perché è vero che la produzione made in Italy è già avviata, ma come l'esperienza del passato insegna non è detto che poi non occorra rivolgersi in fretta e in furia ai mercati esteri. E passando per la Consip, anziché per le vie brevi della struttura commissariale e della Protezione civile, i tempi rischiano di allungarsi"