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Federazione centrodestra, Corrado Ocone: "Nuova scissione in Forza Italia. Ma Berlusconi lascerà in eredità un grande partito"

Gianluca Veneziani
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La federazione Lega-Forza Italia rafforzerà il centrodestra nei consensi o lo indebolirà? Lo compatterà o dilanierà? E si farà o no? Ne parliamo con un filosofo liberale, Corrado Ocone.

La federazione conviene più a Salvini, a Berlusconi o rischia di penalizzare entrambi?
«Farebbe bene a entrambi per due motivi: darebbe alla Lega un riferimento sociale preciso, i ceti produttivi, gli imprenditori, i piccoli borghesi, che sono il bacino tradizionale di voti di Berlusconi, oltreché i veri motori d'Italia. Se la Lega si apre a questo mondo e lo integra, alla lunga distanza ne trarrà beneficio a livello elettorale. Dovrebbe fare ciò che ha fatto Roma con la Grecia, secondo Orazio: "La Grecia, conquistata, conquistò il selvaggio vincitore". E cioè la Lega dovrebbe farsi conquistare dalla cultura liberale forzista: i referendum sulla giustizia e le battaglie per la libertà di impresa vanno in questa direzione. Per quanto riguarda Forza Italia, si tratta di un partito personale destinato a implodere quando, tra 100 anni, Berlusconi non ci sarà più. La federazione permetterebbe di salvare ciò che ne resta».

 

 

Con questa operazione Salvini vuole depotenziare la Meloni, accreditarsi in Europa o contare di più nel governo Draghi?
«Il principale obiettivo è avere maggiore peso specifico in Europa. L'Ue non è più quella di due o tre anni fa, e cioè l'Europa centralistica dell'austerità. E pertanto è fondamentale continuare a cambiarla, trovando una sponda nel Ppe. All'interno del Partito popolare stanno maturando sensibilità più vicine ai conservatori, si pensi al PP spagnolo o alla Csu bavarese. In quello spazio dovrebbe inserirsi la Lega».

Berlusconi cerca invece un'ennesima resurrezione politica?
«Mi sembra che lui nell'immediato pensi alla presidenza della Repubblica, ma stia operando anche per essere ricordato come colui che ha lasciato in eredità un grande partito liberale di massa ed è riuscito a de-sovranizzare Salvini».

Fa bene la Meloni a tenersene fuori? E questa operazione rischia di favorirla nei consensi?
«Credo che il suo partito si assesterà intorno al 20%. Difficilmente una forza che si pone a un estremo supera questo limite. Verosimilmente dall'operazione la Meloni uscirà rafforzata, però può darsi che si consolidino entrambe le polarità, sia quella liberale che quella conservatrice. Il centrodestra ha bisogno di entrambe. Ma, dopo che con Trump e Brexit l'area sovranista è emersa con prepotenza, va riequilibrata la sproporzione».

 

 

Ci sono titubanze anche tra i forzisti. La federazione resterà un'operazione incompiuta?
«No, si tratta di un processo lungo. Anche se ci sarà una mini-scissione in Forza Italia, non farei troppo i conti con le dinamiche parlamentari, ma con l'elettorato. Se questa operazione è sensata, lo diranno gli italiani. Penso che l'Italia voglia un partito così».

«Le rivoluzioni prima si fanno, poi si annunciano, altrimenti sei destinato al fallimento», ha scritto il direttore Sallusti. È d'accordo?
«Dipende. Ci sono casi in cui l'annuncio serve a smuovere le acque e a stanare gli oppositori. Quella di Salvini e Berlusconi è una mossa tattica basata sul principio performativo della parola: in politica pure il dire provoca effetti».

Si parla di coordinamento ma non di partito unico. È un limite il fatto che l'operazione non sia portata fino alle estreme conseguenze?
«No, è giusto essere graduali. Si parte da un gruppo parlamentare, poi si arriva alla federazione, infine si valuta se ci sono le condizioni per un partito unico. Il fatto che si arrivi a quest' ultimo approdo dipende dal sistema elettorale: col maggioritario converrebbe aggregarsi, non così col un proporzionale puro».

 

 

Una fusione ci fu già nel 2008 con il PdL. Quell'esperienza cosa ci insegna?
«Le storie sono sempre diverse. Lì c'era una rivalità e Fini si montò la testa. Ora Berlusconi sa che deve lasciar far politica ai giovani. Lui e Salvini sarebbero compatibili come il presidente e l'amministratore delegato in una società».

Almeno nell'appoggio a Draghi al Quirinale il centrodestra convergerà?
«Se il centrodestra non è masochista, dovrebbe evitare una rottura. Lasciare eleggere il capo dello Stato con una maggioranza Ursula sarebbe un suicidio. Il centrodestra dovrebbe puntare compatto su Draghi, lasciandolo però come premier fino a fine legislatura. Nel frattempo si potrebbe prolungare il mandato di Mattarella di un anno, in stile Napolitano»

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