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Luca Ricolfi sul partito di Mario Draghi: "Prenderebbe il 10-15%", doccia gelata per il premier?

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Luca Ricolfi spiega che "sarebbe strano che non ci fosse un partito di Draghi. Se invece per partito di Draghi intendiamo una formazione politica che si presenta al voto, tenderei a dire che già c'è, ed è il partito di Calenda che, a differenza di quello di Renzi, non è macchiato dal peccato originale. Quello di avere un leader che, con la scusa di salvarci da Salvini, ci ha regalato un anno di follie dei Cinque Stelle, dal reddito di cittadinanza alla riforma della giustizia di Bonafede", spiega il professore in una intervista al Giornale. In teoria un partito di Draghi potrebbe prendere il solito 10-15% del centro. In pratica potrebbe essere molto di meno se, come è verosimile, l'operazione venisse mal condotta (vedi il caso del partito di Monti)", svela. Insomma, cifre robuste ma no alte così come magari qualcuno poteva immaginarsi.

 

 

Sul futuro politico del premier spiega che, "non ho elementi per fare una previsione, posso solo formulare un auspicio: che Draghi resti alla presidenza del consiglio almeno fino al 2023. Non perché io pensi che Draghi possa cambiare davvero l'Italia (impresa impossibile senza la volontà e la spinta dell'elettorato), ma perché Draghi è l'unico in grado di evitarci i disastri che farebbero gli altri possibili presidenti del Consiglio", spiega Ricolfi. "Draghi, finora almeno, non ha salvato la patria, ci ha solo liberati da Conte (il che non è poco). La patria è tuttora in pericolo. Nel senso che Draghi non è stato in grado di evitare la quarta ondata (del resto, come avrebbe potuto, confermando Speranza?). Inoltre, nessuno sa se l'ulteriore ingente debito pubblico che l'Italia si appresta a fare ci costerà, oppure no, una nuova crisi finanziaria quando la politica della Bce sarà tornata alla normalità", rivela il politologo.

 

 

 

 

 

Infine una parola sui referendum sulla giustizia: "Li firmerò. Io penso che la magistratura italiana sia divorata da un cancro. La riforma è un'aspirina, i referendum sono un intervento chirurgico. Ma il mio vero timore è che nemmeno l'intervento servirà, perché le metastasi sono ormai troppo avanzate", conclude Ricolfi.

 

 

 

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