Stelline cadenti

Virginia Raggi, cinghiali e buche: se la sindaca del flop vuole guidare i ribelli grillini

Antonio Rapisarda

Se lo share (decisamente basso) in tivvù minaccia di essere una sorta di buia anticamera dell'imminente flop alle Amministrative, quella «faticaccia enorme» che per Giuseppe Conte rappresenta la guida del neo-MoVimento potrebbe richiedere presto «qualcuno più bravo di me», come del resto ha ammesso lui stesso. C'è da capirlo: le prime settimane da leader pentastellato, per l'avvocato appulo, sono state un incubo. Certo di essere fuori da tutte le partite che contano (a partire dalle due città - Roma e Torino - dove nel 2016 le sindache grilline trionfarono); incalzato dalla "bestia nera", l'avvocato Lorenzo Borrè, in rappresentanza dei dissidenti che contestano la sua iscrizione al M5S; bistrattato persino da Enrico Letta che gli ha scippato pubblicamente il ruolo di «perno della coalizione» del centrosinistra (al massimo, ha fatto capire il segretario dem, Conte e i suoi saranno la "costoletta" del Pd). 

 

CASALEGGIO E DIBBA
E con un numeroso drappello di parlamentari malpancisti (tra i venti e i trenta, quasi tutti al primo mandato) pronti a fare le valigie, davanti alla prova barbina nelle città e all'ininità del neo-capo sui dossier che scottano, verso altri lidi politici o, se dovesse tradursi in realtà, nella nuova "cosa" targata Casaleggio-Di Battista. Non solo. Sarebbe già pronta anche la guida della fronda interna, quella decisa a scaricare su Conte - nonostante il leader continui a mettere le mani avanti («Non sarà questo risultato elettorale che condizionerà il cammino», è tornato a ribadire anche ieri) - la responsabilità del probabile insuccesso. Quel nome, come si vocifera negli ambienti romani Cinquestelle, corrisponderebbe a lei: Virginia Raggi. Esatto: il futuro "ex" sindaco-disastro di Roma, pronta a fare le valigie dal Campidoglio ma, nel frattempo, appena eletta come membro del Comitato dei Garanti del M5S, ossia la guardia scelta di Beppe Grillo per preservare la sua creatura dalla "riforma" contiana. 

Quella di "Virgy", assicurano i ben informati a Libero, costituirebbe una vendetta a caldo di fronte al segreto di Pulcinella: l'accordo dell'ex premier (che ha tutt' altroche tirato la volata alla Raggi) con il candidato del Pd Roberto Gualtieri nel prevedibile ballottaggio contro Enrico Michetti. In caso di vittoria, il seggio liberato a quel punto dall'ex ministro dell'Economia - quello blindato di Roma centro - diventerebbe per Conte l'occasione d'oro per entrare in Parlamento e saldare l'alleanza (per i detrattori interni la sudditanza) con il Pd. La Raggi, una volta sconfitta dopo 5 anni di disavventura amministrativa nella Capitale, sarebbe certa di avere un argomento retorico dalla sua: rivendicare il fatto di essere stata l'unica fra i 5Stelle a non allearsi con nessuno. E dal punto di vista interno, confidano le fonti, con questo ragionamento potrebbe cercare di riallacciare un dialogo concreto anche il riottoso e incerto Di Battista. Il tutto con la benedizione di Grillo: in vigile e silenziosa attesa del responso delle Comunali. 

 

«QUALCUNO PIÙ BRAVO»
Il combinato disposto di tutto ciò rappresenterebbe un macigno sul «nuovo inizio» ventilato da Conte. Candidato a uscire con le ossa rotte dalla contesa elettorale, contestato dalla base degli eletti (già adesso gelosi per il presenzialismo del leader sul piccolo schermo e insospettiti dalle reali intenzioni - liste alle Politiche piene di figure esterne - del nuovo capo), l'avvocato potrebbe ritrovarsi con una guida messa subito in discussione non tanto dai governisti alla Luigi Di Maio quanto dalla stella cadente Raggi. C'è da aspettarsela la reazione di quest' ultima: fallito miseramente il quinquennio a Roma - fra cinghiali che banchettano sui rifiuti, autobus flambé, voragini per le strade e caos governativo - si candida a essere proprio lei quel «qualcuno più bravo» di Conte. Già, dalla padella alla brace.