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Giorgia Meloni, lo storico Franco Cardini: "Perché non deve dichiararsi antifascista"

Gianluca Veneziani
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Ora che la tempesta mediatica legata alle elezioni si è esaurita, occorre lo sguardo lucido dello storico Franco Cardini, ostile sia alle caricature neofasciste che all'antifascismo militante, per leggere passato, presente e futuro della destra.

Cardini, finite le elezioni è finito il pericolo fascista?
«È evidente, almeno fino alla prossima puntata. Quando non c'è molto da dire e non si può parlare di cose importanti, si parla di scemenze».

Alla sinistra fa comodo tenere in vita il mostro di Mussolini?
«Da un lato i neofascisti servono al centrodestra moderato per azzoppare Fratelli d'Italia, che ora attrae le simpatie dei ceti medi: i moderati e i 5 Stelle che ambiscono agli stessi voti provano a colpire Fdi in quel tallone d'Achille. Ma tenere vivo il fantasma di Mussolini serve anche alla sinistra e accoliti per avere suffragi e vantaggi».

Da molte parti c'è l'invito a bollare il fascismo come "male assoluto". È possibile liquidare così un periodo di 20 anni, cui fecero capo giganti della cultura?
«Non è possibile e nessun studioso serio né una persona di buon senso può farlo. Il problema è che alcune centrali politiche e alcuni mezzi che influenzano l'opinione pubblica si sono accorti che il ricatto "o definisci il fascismo male assoluto o non puoi parlare" è vantaggioso. Non mi risulta però che sia stata data una definizione precisa di antifascismo. Per farlo bisognerebbe prima capire cosa si intenda per fascismo. È il fascismo di segno gramsciano, per cui esso sarebbe latente in tutti i partiti liberali? È il fascismo inteso come statalismo? Ma allora come la mettiamo con una parte della sinistra statalista? È il fascismo come violenza, ma allora come la mettiamo con la violenza dei movimenti comunisti della storia e con quella terribile esercitata da governi liberali al tempo del colonialismo? È il fascismo come colonialismo? Ma bisognerebbe ricordare che il fascismo è stato anticolonialista fino al 1935. La verità è che, come diceva De Felice, non esiste il fascismo, esistono i fascismi. In generale il fascismo italiano si può definire un tentativo di accordare la giustizia sociale con l'esigenza di sicurezza e l'ambizione alla grandezza nazionale».

Esiste davvero una minaccia neofascista?
«Il neofascismo sarebbe serio se fosse un movimento che riprendesse l'ideologia fascista nel senso suddetto. Non mi risulta che queste istanze ci siano. C'è semmai della nostalgia ingenua, politicamente poco avveduta e assolutoria perché dimentica tutta la scia di delitti e sangue che accompagnò il fascismo. Se poi il neofascismo è solo gesti esteriori, allora i neofascisti organizzino una festa di Halloween, si travestano con uniformi fasciste e si sfoghino a fare i saluti romani. Se infine il neofascismo è violenza, allora essa va punita col Codice penale, senza creare altre leggi; al massimo si possono istituire aggravanti per la violenza di matrice politica, ma questo dovrebbe valere per tutti, anche per i centri sociali, fautori di un fascismo rosso».

Il fascismo è morto anche come ideologia?
«Sì, non mi risulta che, dopo la sua grande sconfitta internazionale, il fascismo abbia mai prodotto qualcosa di socialmente incisivo».

Alla Meloni si chiedono professioni di antifascismo. Fa bene a cedere a queste pressioni?
«Se io fossi in lei, direi: io sarò antifascista, solo quando mi spiegherete in dettaglio cosa è l'antifascismo. La verità è che vi è un'idea ufficiale, sostenuta dal Paese legale, per cui il fascismo è il male assoluto. Ma questa idea non è sostenuta dal Paese reale, convinto che Mussolini era una buona persona, che il fascismo ha fatto cose buone soprattutto in termini di leggi e opere sociali: penso al sistema delle assicurazioni, alla tutela della maternità e dell'infanzia, alle bonifiche agrarie. Il fascismo in questo senso è stato una discreta dittatura di sviluppo fino alla fine degli anni '30».

È possibile dichiararsi anti-antifascisti senza che ciò significhi essere fascisti?
«Sì, io sarò anti-antifascista, finché l'antifascismo continuerà a essere una falsa ideologia, fumosa e contraddittoria».

Perché alla sinistra non viene chiesto di fare i conti col proprio passato?
«C'è un grande vantaggio da parte di forze economiche, sociali ed intellettuali ad appoggiare i gruppi di sinistra. E nessuno può chiedere a essi dichiarazioni di anticomunismo o di antistalinismo perché si direbbe che non sono problemi attuali. I gruppi di destra invece non godono di questi appoggi».


Cosa le piace della Meloni e cosa invece manca al suo partito?
«La Meloni si sa difendere, legge i documenti, non arriva mai impreparata e dà pareri equilibrati. Il suo partito invece è di bassa qualità politica, non ha idee se non generiche. E poi Fdi non fa nulla in senso culturale. Non c'è un'università libera, una rivista seria, un convegno interessante sostenuto o promosso da Fdi. Il tesoretto della Fondazione An al momento non mi risulta venga utilizzato per questi scopi».

Quanto al futuro, che partito si immagina?
«Continuando a essere atlantista, Fdi si darà la zappa sui piedi. Così facendo questo partito non ha nessun futuro. Fdi dovrebbe essere un movimento europeista che trovi una strada per affermare il peso dell'Europa nel mondo, provando a distaccarla dal blocco atlantico e da quello sino-russo. Magari con una funzione equilibratrice».

Vede plausibile l'ipotesi di una Meloni premier?
«No, perché quand'anche Fdi fosse il partito più suffragato, sarebbe un partito della maggioranza silenziosa. Quando la sinistra estrema aiutata da qualche potere forte e dalla Nato mandasse in piazza tremila scalzacani che mettono a soqquadro le città per protestare contro la sua premiership, lei sarebbe obbligata a fare un passo indietro; viceversa, se si ostinasse, le darebbero della criminale che fomenta la guerra civile. La Nato non ha interesse ad avere la Meloni alla guida dell'Italia, perché ha delle pedine più funzionali e meno scomode».

Quanto rischia di penalizzarla la rivalità con Salvini?
«La Lega ha una forza sufficiente per assorbire Fdi. Porta avanti gli stessi temi, ma in maniera più energica. E poi, a livello di politica di massa, si fa preferire Salvini per una ragione: lui strilla, lei discute».


Qualcuno chiede a Fdi di rimuovere il simbolo della fiamma. Giusto invece tenere quel riferimento?
«Se la Meloni toglie la fiamma, ha un'emorragia nel partito. È fuor di ragione il fatto di toglierlo: avrebbe solo un colpetto sulla spalla da parte della sinistra, mentre viene lasciata in mutande».

Fdi deve richiamarsi al Msi o ad An?
«A nessuno dei due. E comunque il Msi è stata una forza politicamente rispettabile. An è stata invece un mezzuccio per rimbiancare il Msi e trasformarlo in una Dc laica».

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