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Meloni premier? E Fini e Bocchino... inspiegabile: cosa sta succedendo

Francesco Specchia

Consumata in un partecipato senso dell'onore, Giorgia Meloni ha sempre ignorato il vecchio detto con cui Enrico De Nicola tratteggiava i rapporti parlamentari: «La riconoscenza è il sentimento della vigilia». Ma figuriamoci. Sarà per questa tendenza alla gratitudine verso gli ex compagni d'arme, e per il desiderio strategico di usare il passato (non tutto) come ponte verso il futuro, che nulla osta da Palazzo Chigi alla nuove, improvvise, accorate apparizioni di Gianfranco Fini e Italo Bocchino sul proscenio televisivo. "Non escluderei il ritorno", lasciò scritto Franco Califano nel suo epitaffio. E, appunto. E, in effetti, non è un caso che Fini, uscito da una depressione turbolenta e da un esilio dalla politica che odorava d'eterno, oggi torni, politicamente narrando, nel mondo dei vivi. Né è un caso che lo stesso Fini dichiari di aver votato Meloni perché «ho sempre creduto in lei, farà gli interessi dell'Italia».

Ne' è un caso che l'ex leader d'una "destra giscardiana" inabissatosi tra la cadute del partito e la casa di Montecarlo del cognato, compaia a Mezz' ora in più su Raitre intervistato da Lucia Annunziata, un po' nei panni del Lord protettore dell'ex ragazza della Garbatella che volle farsi premier. Che, poi, da Draghi in giù, 'sto ruolo di "Lord protettore" della Meloni, oggi, appare un tantino inflazionato. Fatto sta che ora, nel tripudio della vittoria si plaude al ritorno dell'ex fondatore di Alleanza Nazionale, nonché talent scout di una pischellissima Giorgia come responsabile giovanile di An, e vicepresidente della Camera e ministra delle Gioventù in un arco temporale che va dal 1996 al 2006.

 

 

 

L'INDISCREZIONE

Recita, infatti, una clamorosa indiscrezione via Twitter di @IlCorazziere: «Domenica dopo annidi silenzio e dopo l'insistenza di tanti giornalisti importanti, Gianfranco Fini romperà il ghiaccio e sarà ospite della Rai da Lucia Annunziata a Mezz' ora in più. Il momento storico della nascita del governo Meloni guidato dalla sua pupilla lo richiede». E, alla notizia dell'agnizione finiana, ecco tracimare un profluvio di ricordi. Il passato ritorna, e rievoca lo scioglimento del Msi e la svolta di Fiuggi. E il germe dell'atlantismo e il ripudio del fascismo. La nascita di Fratelli d'Italia. E quel «Che fai mi cacci?» di Fini al Berlusca che, alla luce dell'oggi, vibra quasi del sapore della nemesi storica. Fdl e l'inner circle meloniano dei ragazzi di Atreju nasce da un'evoluzione in senso conservatore del disegno dell'ex Elefantino di Fini. Sicché ecco esalare, degna d'encomio, la mozione degli affetti. L'accoglienza del vecchio leader è commossa, tra i maggiorenti FdI, a cominciare da Giovanni Donzelli: «Fini è sicuramente un osservatore intelligente e ben informato della politica e della storia degli ultimi decenni. Non abbiamo condiviso alcune sue scelte del passato, come lui probabilmente non condivide molte delle nostre idee attuali. Ma sarà sempre un piacere ascoltarlo. Ha finanziato i nostri manifesti anche quando esprimevamo posizioni diverse dalle sue: questo ci ha permesso di crescere con spirito critico e capacità di formarci come classe dirigente». Idem per i "vecchi saggi" da Ignazio La Russia a Roberto Menia, pronti a insufflare nella figura oggi caracollante dell'ex capo una riconoscenza sentimentale, irrazionale, molto di destra. Con qualche voce fuori dal coro, come quella di Marcello Veneziani, il quale, pur rispettosamente, descrive Gianfry come «L'uomo che ha distrutto tre partiti; i suoi consigli vanno presi quanto meno 'cum grano salis».

Un percorso diverso è invece quello di Italo Bocchino. Italo in questi giorni sta rispolverando il suo talento televisivo nei vari talk show. È rimasto per anni nel limbo della direzione editoriale del Secolo d'Italia che ha risollevato (in tandem con Antonio Giordano, 140 milioni di pagine lette). Prima si è ritirato a fare il portatore d'acqua all'ombra di un partito che l'ha riaccolto di malavoglia; poi, spinto davanti alle telecamere dall'esondazione elettorale di Fdi, oggi Bocchino è probabilmente un revenant tra i più efficaci sulla piazza. Più credibile da liberalconservatore che da sovranista, l'ex enfant prodige tatarelliano in questi giorni, specie su La7 ha avuto modo di sbizzarrirsi in vari incarichi. Nella fattispecie: difendere la flat tax incrementale, argomentare sulla modernità della fiamma, massacrare l'ex ministro alla Salute Speranza (gioco facile) e difendere l'attuale ministro dell'"Istruzione e del Merito" Valditara. Facendoci, obiettivamente, sempre un figurone.

 

 

 

USATO SICURO 
Abiura, lavacro penitenziale, accoglienza da figliol prodigo: l'innegabile senso di appartenenza di Fratelli d'Italia è attraversata aneliti di pragmatismo. Che porta la cara leader a considerare, dato l'allargamento enorme e improvviso del partito, di ritarare i frontmen e la classe dirigente (se passi da un 4% a un 26% qualche problema potresti averlo). E l'usato sicuro, be', è sempre meglio del nuovo incerto...