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Rave, quanta retorica dai forcaioli sull'uso delle intercettazioni

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Iuri Maria Prado
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Anche sulle intercettazioni siamo alla stessa solfa. Siccome alcuni sostengono - e probabilmente hanno ragione- che le pene previste dalla nuova norma sui raduni nelle proprietà altrui siano compatibili con ordini di intercettazione, allora siamo di fronte a un inedito ripiegamento in senso autoritario del nostro sistema. Il che, se pure fosse vero, non potrebbe essere denunciato con strepito nel Paese in cui si proclama a destra e a manca (ma soprattutto a manca) il valore democratico e sicuritario dell'intercettazione del pappagallo della zia della nonna del cugino di uno che un giorno ha comprato un sorbetto nella gelateria appartenuta nel millenovecentoventicinque alla suocera di un indagato.

 


Abbiamo scritto ieri, proprio qui, e lo ripetiamo, che si tratta di norme che possono essere criticate ed emendate, ma è uno sproposito affermare che siano la campana a morto del diritto di manifestazione del pensiero; ed è semplicemente ridicolo che siano passate per l'inaugurazione di un'inedita pratica di spionaggio della vita dei cittadini nell'ordinamento in cui le indagini a strascico e la semina delle cimici non solo hanno libero corso, ma appunto sono difese come le misure indefettibili per impedire che la società sia travolta dall'urgenza criminale. E non si faccia l'errore, come purtroppo si sta facendo, di prendere l'interesse pubblico all'intercettazione del mafioso contrapponendolo al diritto dei ragazzi di riunirsi senza essere esposti all'occhio inquirente, perché metterla su questo piano significa rendersi responsabili di una retorica uguale e opposta a quella per cui il mondo va a rotoli per colpa dei giovinastri senza più religione. Dalle tribune forcaiole e dai pulpiti della giustizia piombata certe requisitorie non si possono sentire.

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