Verso il super-vertice

Ong, Piantedosi: "Ogni azione di fermezza". Piano di guerra contro Macron

Bastone e carota. A Montecitorio, più che un vertice di maggioranza sull'immigrazione, è andato in scena venerdì pomeriggio quasi un CdM ristretto: c'era il premier Giorgia Meloni, ovviamente, con i suoi vice Antonio Tajani e Matteo Salvini (parte in causa in quanto ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti), il capo del Dis Elisabetta Belloni, i sottosegretari con delega ai servizi Alfredo Mantovano e all'attuazione del programma Giovanbattista Fazzolari. E poi due ministri pesantissimi: Matteo Piantedosi, titolare degli Interni, e Guido Crosetto alla Difesa. 

 

 

 

Dopo le giornate di fuoco caratterizzate dallo scontro diplomatico con la Francia su Ong e Ocean Viking, Meloni ha fatto il punto sul dossier e soprattutto mettere a punto una strategia comune in vista degli appuntamenti internazionali delle prossime settimane, il vertice Ue del 15-16 dicembre in primi, quando andrà in scena "un dibattito su una strategia di lungo termine sul vicinato meridionale dell'Ue". L'obiettivo è tendere la mano all'Eliseo e mostrare il volto più collaborativo all'Europa. Dopo il pugno di ferro, insomma, arriva il momento del dialogo con la premier convinta di aver posto il problema con la giusta determinazione iniziale.

 

 

 

Meloni vuole "conquistare il consenso più ampio possibile", sottolinea il Corriere della Sera, e ripartirà dalle parole dell'Eliseo: non il "brutto gesto dell'Italia", ma "L'importante è guardare avanti e non fermarsi qui". Da un lato, dunque, resta la linea della tolleranza zero di Piantedosi, che ha rivendicato il primato italiano su quanto accade nel Mediterraneo ("Il sogno migratorio dei giovani provenienti dall'Africa dobbiamo gestirlo noi con i Paesi da cui provengono, non i trafficanti"), ma dall'altro ha già pronta la contro-partita da offrire ai partner europei: "Ogni azione di fermezza per respingere traffici illegali, soprattutto nel Mediterraneo, dovrà essere compensata con iniziative strutturali, che prevedano flussi di ingresso legali e corridoi umanitari". L'Italia che accoglie, insomma, ma che dice no all'invasione.