Ma per piacere

La Russa linciato da chi ha speso hanno speso 400 mila € per il centenario del Pci

Daniele Dell'Orco

La rivoluzione sovietista in Italia non c'è mai stata, ma a giudicare da come la sinistra considera i partiti protagonisti della vita democratica del Paese non si direbbe. In occasione del centenario dalla fondazione del Partito Comunista Italiano, quello che per almeno vent' anni fu la costola nostrana del Pcus, quello che dal '44 in poi fu animato da Togliatti di ritorno dai fasti dell'hotel Lux di Mosca e quello che si rifiutò di condannare l'invasione dell'Ungheria nel '56 o gli eccidi al Confine Orientale e che per decenni rimase imbevuto del "mito sovietico" almeno fino agli anni Settanta, non solo si poteva, anzi doveva, celebrare tutti in coro il centenario dalla fondazione di un partito che per metà della sua storia di democratico non ha avuto nulla, ma i mortaretti da sparare in piazza sarebbero dovuti essere persino pagati dalla collettività.

Come dimenticare, infatti, i 400mila euro stanziati in manovra nel 2020 in piena emergenza Covid su richiesta di Vasco Errani, senatore di Leu, assieme ai colleghi Daniele Manca e Francesco Verducci, per l'organizzazione e «lo svolgimento di iniziative previste per il centesimo anniversario del Pci, fondato a Livorno il 21 gennaio del 1921». Altri, per la sinistra, non solo non devono ricevere un centesimo, ma nemmeno azzardarsi a commemorare la loro storia politica o la loro famiglia. È successo in queste ore a Isabella Rauti, rea di aver postato sui social un commento "eversivo" del tipo: «Oggi voglio ricordare il 26 dicembre di 76 anni fa quando, a Roma, nasceva il Movimento Sociale Italiano.

 

Onore ai fondatori e ai militanti missini. Le radici profonde non gelano». A corredo, vecchi poster con la fiamma tricolore e la scritta «Viva il Msi», e immagini del padre di Isabella, Pino, tra i fondatori del Msi. Un commento commemorativo anche da parte del presidente del Senato, Ignazio La Russa, che ha poi ricordato il padre, «che fu fra i fondatori del Msi in Sicilia e che scelse il Msi per tutta la vita, la via della partecipazione libera e democratica in difesa delle sue idee rispettose della Costituzione italiana». Perla sinistra entrambi dovrebbero dimettersi ed è stato tirato in ballo pure il "nostalgismo" per il nesso storico e causale tra l'eredità della Repubblica Sociale e il Msi. 

 

Detto da quelli che dell'Urss non solo sono stati nostalgici ma avevano con Mosca persino il flusso di cassa aperto. Proprio come avrebbero gradito i grandi capi del bolscevismo, ancora oggi lorsignori vorrebbero negare il diritto di ricordare la fondazione del Msi e l'importanza che essa ebbe per la democrazia italiana. Perché sì, la lunga storia del Movimento Sociale è costellata di fasi basate sulla partecipazione alla vita democratica del Paese e iniziate almeno un quarto di secolo prima della svolta di Fiuggi del 1995. La sinistra negazionista fa persino peggio quando pur di attaccare Fratelli d'Italia riesuma il profilo del politico di destra più gradito ai comunisti, Gianfranco Fini, che fondò An «per condannare il fascismo e, con esso, qualsiasi richiamo esplicito o velato come poteva essere il Msi».

Peccato che il simbolo dell'Msi in quello di An rimase per sempre. E che intere generazioni di politici di vertice quel simbolo l'hanno portato al governo e in Parlamento per trent' anni senza che nessuno si sia sognato né di abolire la democrazia né tantomeno di costringere i comunisti ad abiurare il proprio albero genealogico.