Pazzesco

M5s, mandrie di parlamentari per i biglietti a scrocco sui treni

Francesco Specchia

Più che quel treno per Roma, quel treno per Yuma.Ce l’immaginiamo, i plotoni di grillini che –come nel famoso film western- si ritrovano prigionieri nelle scintillanti carrozze dei Frecciarossa diretti a Roma.Da quesi vagoni i nostri stanchi eroi continuano evidentemente a scendere e salire, salire e scendere, vidimare e sonnecchiare dall’alba al tiepido imbrunire. Il tutto, nella condanna al consumo senza requie di pacchi di biglietti del treno. Trattasi, in fondo, d’un un esprit da pendolari del nulla.Perché di questo si parla: di ex parlamentari, soprattutto marchiati Movimento Cinque Stelle i quali, dopo l’inebriante esperienza romana, riprecipitano nell’oblio d’una vita ordinaria. Parlamentari che assaltano le ferrovie, onde triplicare il loro numero di carnet di dieci carte di viaggio a botta, staccate e soprattutto gratuite. Parlamentari d’una voracità ferroviaria che mai t’aspetteresti.

 


L’ANSIA DEL TICKET 
Lo ha scoperto Il Foglio, spulciando le note spese di Montecitorio e Palazzo Madama. La reconquista del ticket perduto non figura come un atto illecito, beninteso. Semmai appare come un gesto d’ineleganza, di piccineria da casta selvaggia vibrata in articulo mortis da coloro che la casta avrebbero dovuto scardinarla con la mitica scatoletta di tonno. Mi rendo conto di rischiare il banale.Eppure, l’assalto al treno funziona così, scrive Il Foglio: «I deputati hanno diritto (sacrosanto) ai biglietti ferroviari per spostarsi da e per Roma in Italia. Tutte le volte devono passare dall’agenzia Carlson Wagonlit che è convenzionata con la Camera. Basta una mail o una telefonata. Loro chiedono, l’agenzia emette i ticket e poi presenta il conto a Montecitorio. Tac. Una volta a bordo – viaggiano in business – si mostra il coupon nominativo al controllore insieme al tesserino parlamentare. In rarissimi casi vengono acquistati i carnet da dieci. A marzo ne erano stati venduti per un valore di 3.756 euro (7 per cento della spesa mensile totale per i treni). A luglio – Draghi si dimette il 20 – diventeranno 11.979,5. Ad agosto 10.168, a settembre 9.631 e a ottobre 50.740,5 euro». Bene. Per puro scrupolo statistico si è cercato, dunque, di profilare quei deputati e senatori prodottisi -nel pieno rispetto di legge seppur un po’ lasca- nell’affannosa corsa al carnet, e perdipiù in estate, stagione in cui notoriamente i parlamentari vanno in letargo.

E gli amantissimi della ferrovia spiccano dunque tra le file del M5S, specie tra quelli trombati, sia per la questione di taglio dei parlamentari voluto ardentemente dal M5S stesso, sia per via del vincolo del secondo mandato dei pentastellati.Ma, tra i nostri corsari del biglietto, si notano anche tra i 164 «ragazzi meravigliosi» (come li chiamava Beppe Grillo: se li avesse multati come predicato, il M5S avrebbe in cassa 16,4 milioni in più...) che, dal 2018 all’avvento della Meloni, avevano cambiato casacca. Per non dire dei 49 ex grillini passati con Impegno civico di Luigi Di Maio: vittime di un’ecatombe da cui riuscirà a salvarsi soltanto l’immortale Bruno Tabacci.


Ora, altro dato curioso, è che tutti costoro non sono esattamente viaggiatori mattinieri dotati di abbonamento sulle linee tramviarie di Milano. Di solito, i biglietti del treno i parlamentari li acquistano singolarmente di volta in volta, corsa per corsa.Alla bisogna, diciamo. Mentre qui li comprano in blocco; e in un periodo che va dalle dimissioni di Draghi -20 luglio- alla fissazione della data di nuove elezioni da parte di Mattarella, il 15 settembre. E, allora, perché tutta questa foga per lo stoccaggio dei viaggi su rotaia in business class? La spiegazione è assai banale: i servitori dello Stato tornati semplici cittadini credevano che i biglietti/benefit valessero almeno un anno solare, sopravvivendo alla nuova legislatura. Eppure, il boom delle richieste per i carnet era inusuale, roba da finale di Champions o da concerto dei Maneskin. E si è verificato giusto mentre mandrie di onorevoli invadevano, per l’ultima volta, gli uffici giusto per preparare gli scatoloni. Emergeva una situazione paradossale, insomma. Al punto che gli uffici della Camera si sono attivati, e dal 13 ottobre, giorno dell’insediamento del nuovo Parlamento, hanno invalidato tutti i biglietti risalenti al Parlamento precedente. E sta bene. Resta la traccia etica, l’ultima prodezza degli ex rivoluzionari. Roba un po’ micragnosetta, da italiano alla Alberto Sordi; a dimostrazione – se mai ci fosse stato bisogno di conferma – che i grillini si sono perfettamente adattati al sistema che avevano sempre combattuto.


CARTA DEI PRINCIPI 
Ma non è tanto questo. Il Movimento come tutti i partiti politici abbisogna di danaro fresco; e pure i suoi portavoce non sono mai stati esenti dalla sindrome del braccino corto. Il disincanto, però, sta nel fatto che, nonostante l’adeguamento al nuovo tenore di vita –dagli hotel cortinesi di Conte in giù- nel Movimento oramai non ci s’indigna più come ai bei tempi. E si dà oramai per scontata la violazione «dell’ethos», delle «virtù della correttezza» e del «senso di responsabilità», sanciti dalla inesorabile Carta dei Principi e dei Valorigrillina. Che un tempo, eticamente, valeva davvero più del prezzo del biglietto...