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Elly Schlein, "Dario Franceschini e signora all'incasso"

martedì 28 febbraio 2023

2' di lettura

L'uomo giusto per tutte le stagioni. Se c'è un personaggio della politica che interpreta al meglio la versatilità nel posizionarsi nei posti chiave del Partito democratico quello è Dario Franceschini che ha anche la grande capacità di fiutare l'aria che gli permette di posizionarsi sempre dal lato giusto del partito per poi raccogline i frutti. Ora che Elly Schlein è stata eletta segretaria passerà all'incasso per lui e per la moglie, la neodeputata Michela Di Biase. Secondo Dagospia sembra che sia stata proprio lei a convincere il marito ad appoggiare la candidata svizzero-italiana, data per sfavorita, e ora si appresta a riscuotere: si fa il suo nome per la squadra della nuova segretaria Pd, ma anche come nuova capogruppo alla Camera. Quanto all'ex ministro della Cultura un incarico nel partito sarebbe riduttivo, e anche inutile: comanda già così, e poi Elly Schlein non può rimangiarsi quanto detto in campagna elettorale: "Io non ho promesso nulla". Di certo, fa notare Paolo Bracalini sul Giornale, c'è il tweet di Alberto Losacco, senatore e fedelissimo dell’ex ministro Pd. Solo il faccino sorridente con gli occhiali da sole, e una foto di Franceschini. Come dire, ha vinto Dario, e noi con lui. Non una novità per lui. 

Bracalini inanella la serie di incarichi e poltrone dell'ex democrastiano. Subito numero due di Walter Veltroni segretario Pd, poi ne prende il testimone fino al 2009 quando viene sconfitto da Bersani. È lì che Franceschini si organizza come capocorrente e king maker del partito, portando in dote a Bersani i suoi voti per fargli vincere le primarie della coalizione nel 2012, contro Renzi. E vince. Ma solo un anno dopo il colpo di scena. Franceschini cambia cavallo, e alle primarie del Pd sostiene Renzi contro Bersani. E rivince. Poi Renzi cade, ma Franceschini ovviamente no. Tocca a Zingaretti guidare il Pd. Con l’appoggio di chi? Ovviamente della corrente di Franceschini, che come al solito si ritrova nella parte vincente del partito. E incassa il dividendo. Nel frattempo infatti, grazie al suo peso nel Pd e alla sua vicinanza al segretario di turno, è riuscito a fare il ministro con tutti i governi: quello di Letta, quello di Renzi, quello di Gentiloni che arriva dopo le dimissioni di Renzi. E poi riesce a entrare nel governo anche con Conte, e pure con Draghi. É riuscito a prendersi una nomina anche con il Pd sconfitto alle elezioni: presidente della Giunta delle elezioni, al Senato. 

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