Processo finito

Roberto Maroni, nessun reato: assolto da morto

Renato Farina

Roberto Maroni, ne sono sicuro, non immaginava di essere così importante da essere inseguito dalla pubblica accusa anche da morto. Dài, Bobo, che non credevi di essere invidiato anche lì, mentre te ne stai sottoterra, deposto nella bara, il massimo. Magari vogliono inchiodarti sul legno della tua decorosa sepoltura, per assicurarsi che non te ne salti fuori a rincorrere i tuoi persecutori... Questa prosa scherzosa davanti a una tragedia, perché di tragedia della giustizia e dell’umanità si tratta, è di certo inadeguata, ma l’ironia è un modo per rievocarlo e somigliargli (per una battuta era pronto a perdere un ministero) ma aiuta a non sprofondare e a preservarsi per altre battaglie necessarie per difendere la reputazione sfregiata di un amico. Perché Bobo – già presidente della Regione Lombardia, vice presidente del Consiglio e ministro dell’Interno e del Lavoro – tale è stato – un buon amico - per me come per molti.

 

 

 

TORTURA POSTUMA

Ieri per fortuna il Tribunale di Milano ha posto fine allo scempio dell’ex segretario della Lega Nord, consumato prima sul corpo scarnificato dal cancro e trattato come un simulatore, indi, una volta inumate le sue spoglie di marito e padre (deceduto nella sua casa di Lozza, vicino a Varese, lo scorso 22 novembre), apporre sulla lastra tombale il sigillo di criminale. I giudici assolvendo con formula piena il coimputato hanno posto fine a questa tortura post mortem. Scrive l’Ansa, con molto pudore, evitando di tirare conseguenze antipatiche per la Procura: «È stato assolto con formula piena l’ex direttore generale di Infrastrutture lombarde spa, Guido Bonomelli, che era accusato d induzione indebita e turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente in concorso con l’ex governatore lombardo Roberto Maroni, morto il 22 novembre scorso». Questa è la notizia minore. Quella maggiore è che è stata annientata la tesi accusatoria. E con essa diventa piena e totale la riabilitazione di Maroni. Il quale è stato portato lì, come un fantasma incatenato, portando il peso di accuse fragilissime, e senza neppure essersi potuto alzare per dire la sua, e smentire la volgarità di cui è infiorata la memoria conclusiva del pm. Secondo le indagini del dottor Giovanni Polizzi, l’ex ministro dell’Interno, quando guidava la Regione, avrebbe fatto «pressioni», tra novembre 2017 e marzo 2018, sull’allora dg di Ilspa Bonomelli perché fosse affidato un “incarico” all’architetto Giulia Capel Badino in Ilspa. Ehi, non è vietato proporre un fidato collaboratore per un incarico. Lo dice il buon senso. È già stravagante che il gip abbia dichiarato il rinvio a giudizio. Ovvio poi che, una volta avviato il dibattimento, Bonomelli dovesse essere giudicato. Ma c’è modo e modo di arrivare a sentenza, e di condurre in porto le proprie tesi.

Possibilmente, forse inderogabilmente, occorrerebbe una briciola di rispetto, una parola di distacco addolorato, magari persino la manifestazione di un po’ di pentimento per aver titubato nel riconoscere la gravissima entità del male. Invece, ancora il 10 febbraio scorso, nella memoria conclusiva depositata e fatta valere come requisitoria dal sostituto procuratore, sono stati minutamente riferiti innumerevoli pettegolezzi reiterati telefonicamente, inutili per l’accusa a Bonomelli ma graffi con l’uncino sulla reputazione di Maroni. Non è risparmiato in quel testo alcuno schizzo di fango per presentare come impresentabile – da vivo come da morto –l’ex governatore di Lombardia.Dicerie. Nessun recepimento di una sentenza della Cassazione che per un caso in tutto simile aveva già assolto Maroni nel novembre del 2020.

 

 

 

IL REATO IMPOSSIBILE

Che dire? L’avvocato di Maroni, Domenico Aiello, è avvilito. Ripete che tecnicamente l’accusa si smontava da sé: un reato impossibile. L’incarico all’architetta è stato conferito quando Maroni non era più presidente, e la segnalazione a Bonomelli è datata dopo la rinuncia pubblica a ricandidarsi. Ma non è questo il problema. In un Paese civile una persona che per il suo stato di salute non può difendersi adeguatamente, non viene processata. Il procedimento si sospende, per non aggravare la malattia.L’accusain realtà poteva arrendersi prima, ma di sicuro doveva evitare di accusare Maroni fino all’ultimo momento, salvo in extremis certificare che «il reato è estinto» perché ad essere estinto è l’imputato, ma che – come da memoria conclusiva - colpevole è e resterà. Il giudice ci ha messo una pezza amarissima. Ma come può essere anche solo ammessa una requisitoria che include la damnatio memoriae di chi voleva essere interrogato e Qualcuno lo ha chiamato prima in un posto migliore? La sentenza di ieri arriva postuma e assolve Maroni dalle accuse, ma l’assoluzione giunge inutile e tardiva, non consola nessuno. Lui già da tempo è nella pace dei giusti. La battaglia per il rispetto della persona, per la civiltà giuridica, dovrai sostenerla, caro Bobo, dall’altra parte della morte.