Senatrice a vita

25 Aprile, Liliana Segre smentisce il Pd: "Non ho promosso né firmato nulla"

Tommaso Montesano

Doveva essere il colpo del k.o., perla sinistra si è rivelato l’ennesimo boomerang. Con tanto di smentita, piccata, della diretta interessata. E proprio mentre i senatori dell’opposizione, nell’Aula di Palazzo Madama, facevano a gara nel citare il nome di Liliana Segre nel corso del dibattito parlamentare sulle mozioni per il 25 Aprile. Antefatto: i capigruppo di opposizione del Senato, Francesco Boccia (Pd); Barbara Floridia (M5s); Raffaella Paita (Terzo polo); Julia Unterberger (Autonomie); Peppe De Cristofaro (Alleanza Verdi-Sinistra), costruiscono il loro documento sulle celebrazioni per l’anniversario della Liberazione sulle parole pronunciate da Segre il 13 ottobre 2022, primo giorno della legislatura. In sintesi: le date simbolo della storia repubblicana sono tre - 25 Aprile, appunto, 1° maggio, festa del lavoro, e 2 giugno, festa della repubblica - e intorno ad esse, in nome di una «piena condivisione» storica, dovrebbe fondarsi «un patto tra le generazioni, tra memoria e futuro». Mozione che incassa il sostegno di tutta l’Aula, con l’eccezione del senatore Paolo Marcheschi di Fratelli d’Italia, che si astiene.

 

 

 

CORSA ALLA CITAZIONE

Tra i banchi del Senato, tuti i rappresentanti dell’opposizione che intervengono nominano la senatrice a vita. Lo fanno Walter Verini (Pd); lo stesso De Cristofaro; Anna Bilotti (M5s) e ovviamente Boccia. Il presidente dei senatori dem, in particolare, è il più infervorato: «Perché, signor presidente, l’assemblea del Senato non può impegnare se stessa per le commemorazioni delle date fondative della nostra storia, che è storia antifascista? Pensavamo che le parole di Segre, che caratterizzano tre quarti della nostra mozione, fossero sufficienti». Non è da meno De Cristofaro, che intima ai colleghi: «Il dovere delle istituzioni è seguire la rotta indicata dalla senatrice Segre e farlo garantendo quel rispetto essenziale per la verità storica».

Boccia nomina Segre sette volte in pochi minuti. Ignorando - o fingendo di ignorare- che poche ore prima l’ufficio stampa del gruppo Misto di Palazzo Madama, cui appartiene la senatrice a vita, ha diffuso una nota con la quale Segre prende le distanze dall’iniziativa dei gruppi dell’opposizione: «In riferimento ad affermazioni apparse sulla stampa, e nel dibattito pubblico, la senatrice a vita precisa di non essere promotrice, né firmataria di alcuna mozione di quelle oggi (ieri, ndr) in discussione nell’Aula del Senato».

 

 

 

Così ha buon gioco Marchschi, capogruppo di Fratelli d’Italia in commissione Cultura di Palazzo Madama, ha tirare le somme sottolineando come il centrosinistra abbia commesso il più classico degli autogol: «Rifiutando di votare la nostra mozione contro tutti i totalitarismi, compreso quello comunista, ha dato il peggio di sé. Il loro radicalismo ideologico è stato sconfessato anche dalla senatrice Segre, che infatti non ha firmato la loro mozione». Non è la prima volta che la senatrice a vita sconfessa chi la vuole tirare in ballo. Un precedente illustre c’è stato in occasione delle elezioni per il presidente della Repubblica, quando il suo nome era stato caldeggiato dal Fatto Quotidiano come possibile candidata alla successione di Sergio Mattarella. Anche allora Serge, e sempre gelidamente, oppose un rifiuto.