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Sondaggio, Schlein ammazza il Pd: crollo verticale, ecco dove precipita

di Brunella Bolloli domenica 4 giugno 2023

4' di lettura

Il suo grande sponsor Carlo De Benedetti, editore del Domani, ieri al Festival della tv a Dogliani, in provincia di Cuneo, rispondendo a una domanda di Daniela Preziosi, ha detto: «Non è ancora il momento di giudicare Elly, diamole tempo. Anche se non ho votato alle primarie Pd», ha aggiunto l’ingegnere, «io ero per lei perché pensavo che fosse più adatta a un cambiamento radicale». Sul medesimo quotidiano debenedettiano, l’ex capogruppo dei senatori dem, Luigi Zanda, intervistato sempre da Daniela Preziosi, è stato meno indulgente con la segretaria: «Deve ascoltare di più e farsi aiutare. Dare la colpa a chi c’era prima è una reazione infantile». Per Zanda il vero banco di prova per il Partito democratico non saranno le Europee, ma le Regionali: a parte il piccolo Molise, dove si vota tra poco, nel 2024 ci saranno sfide importanti in Piemonte, Umbria e Abruzzo, per citare territori dove un tempo i dem erano forti e invece oggi sono costretti a inseguire.

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FUGA DEI CANDIDATI
Se è scontato, infatti, che il governatore piemontese Alberto Cirio si ripresenterà, sostenuto da tutto il centrodestra, il Pd non sa ancora quali pesci pigliare e si vocifera di un candidato della società civile, proprio perché alle recenti Comunali per il centrosinistra è stata una débacle: l’unico sindaco Pd vincente al ballottaggio, il vicentino Giacomo Possamai, ha perfino preferito evitare di circondarsi di simboli di partito e di avere Schlein con sé sul palco dei comizi elettorali.

Un sondaggio di ieri, poi, conferma che non è un buon momento per l’inquilina del Nazareno, segno che pesano le ultime competizioni con tante città perse, nonché le scelte sulla guerra e l’ambiguità sui temi etici. In sintesi: se Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni è sempre in testa con il segno più, il Pd è sceso sotto al 20%, secondo la rilevazione di Tecné per l’agenzia Dire. Niente di preoccupante, ci mancherebbe, De Benedetti dirà che «dobbiamo dare tempo a Elly», del resto lui che è tessera numero uno del Pd e non vuole che Schlein si giudichi ora, continua a lanciare bordate contro la premier. «Ci porta a sbattere, non è in grado di tenere il passo con l’Europa», ha sentenziato. Se per Mattarella, Veltroni e Renzi, ha usato parole di stima, sulla Meloni ancora una volta l’ing. ha sbracato: «Io ci tengo all’Italia e quindi il pensare che andremo a sbattere non mi toglie la soddisfazione di non vedere più quella faccetta lì girare per i corridoi di Palazzo Chigi con la tv che la segue». Per poi aggiungere: «Se Meloni va a sbattere, l’Italia va a sbattere e, siccome non c’è un’opposizione al momento visibile, si dovrà ricorrere a una soluzione di emergenza come Monti e Draghi».

Insomma, auspici di esecutivi tecnici a parte (abbiamo già dato), De Benedetti ne dice una giusta quando ammette che al momento l’opposizione non è pervenuta. Lui, ovviamente, dà quasi tutta la colpa a Conte e ai Cinquestelle «senza futuro», ma nel Pd è la segretaria nonché sua pupilla ad essere sotto accusa. Lo è perché al Nazareno si fa vedere poco, nelle chat comunica a stento, ai dibattiti e ai confronti preferisce i videomessaggi via Instagram senza contradditorio, e pare non sia così zelante nell’affrontare le questioni aperte dei gruppi parlamentari, una su tutte la nomina degli uffici di presidenza con il nodo del deputato Piero De Luca, colpevole di essere figlio del governatore campano Vincenzo mai tenero con Schlein (eufemismo).

DIVISI ALLA META
Elly non pensa affatto a sloggiare, dopo due mesi sarebbe presto per chiunque, ma i problemi del suo partito si amplificano da Parlamento nazionale a quello europeo dove l’altro giorno è andata in scena l’ennesima spaccatura del fu campo largo sul voto per le munizioni all’Ucraina. A nulla è valso il tentativo del vice di Schlein, Peppe Provenzano, inviato da Roma per invitare la truppa ad astenersi. Una circostanza, questa, smentita però ieri da Brando Benifei, capodelegazione Pd a Bruxelles: «Nessuno del partito ci ha caldeggiato un voto di astensione. La decisione è stata presa in autonomia dai parlamentari, le sensibilità sono diverse, ma si troverà una soluzione». 

Benifei è tornato a chiedere al governo di non utilizzare i fondi del Pnrr per le armi, mentre la collega Pina Picierno ha un’altra linea. A luglio ci sarà la votazione finale su Asap, la legge a supporto della produzione di munizioni, e Benifei, se non arrivasse l’impegno formale da parte dell’esecutivo, non esclude che il Pd possa far mancare il suo appoggio a un provvedimento che trova invece favorevole l’intero gruppo dei Socialisti e democratici. Insomma, a sinistra è sempre più caos e le ambiguità della Schlein non aiutano. Elly balla da sola.

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