Gli amministratori locali del Pd sono in rivolta contro il governo. Dicono che non accetteranno mai la creazione dei nuovi Cpr, i Centri di permanenza per i rimpatri, nei loro territori. Il consiglio dei ministri ha deciso infatti che queste strutture dovranno essere raddoppiate e diventare almeno venti, una per regione: il piano sarà definito entro due mesi. Operazione necessaria anche perché, con le nuove regole, chi è lì dentro potrà restarci sino ad un massimo di diciotto mesi, anziché i tre mesi attuali (prorogabili di 45 giorni in alcuni casi). «Rafforzare la capacità di espulsione è una cosa che ci chiede l’Europa», ha spiegato ieri Matteo Piantedosi, ricordando che quei centri «furono introdotti con la legge Turco-Napolitano, sotto un governo di sinistra». Ovviamente senza far cambiare idea ai suoi avversari.
Il più agguerrito è il governatore toscano Eugenio Giani. «Non darò l’ok a nessun Cpr in Toscana», promette. Per lui, «il problema dell’immigrazione è come farli entrare ed accoglierli, non come buttarli fuori». Sono in tanti, a sinistra, a pensarla così. A Bologna l’assessore al Welfare della giunta di Matteo Lepore sostiene che «i Cpr sono carceri mascherate, con dubbi sui presupposti giuridici che li sorreggono». Lo stesso sindaco è convinto che i concittadini che gli scrivono lamentandosi per il disordine e le violenze causati dagli immigrati irregolari siano «sobillati da attivisti di Fdi e della Lega». Una questione di propaganda, insomma, dietro alla quale non ci sarebbe un vero problema.A confortare certe posizioni provvedono giuristi come il cattolico Cesare Mirabelli, ex presidente della Consulta, per il quale le novità annunciate da palazzo Chigi potrebbero violare i diritti della persona riconosciuti dalla Costituzione, se «le condizioni di custodia avranno un carattere detentivo invece che di accoglienza», ovvero se chi è destinato a quelle strutture non sarà libero di uscire.
CHI È RINCHIUSO NEI CPR
Nessuno di loro, però, spiega qual è il prezzo da pagare: non volere i Cpr significa accettare che i delinquenti stranieri in attesa di espulsione circolino in Italia a piede libero. Perché a questo servono i centri di permanenza per i rimpatri: non a trattenere i normali richiedenti asilo, per i quali ci sono i centri di accoglienza, ma a rinchiudere i cittadini stranieri che hanno ricevuto un provvedimento di espulsione o di respingimento e per qualche ragione, spesso burocratica, non possono essere rimpatriati subito, ed al contempo sono ritenuti pericolosi perché si sono resi responsabili di reati violenti. Si vuole evitare che questi individui circolino liberamente sul territorio nazionale.
Le circolari del Viminale e dei questori stabiliscono infatti che nei Cpr devono andare, in via prioritaria, gli stranieri ritenuti pericolosi perché considerati una minaccia per l’ordine e la sicurezza pubblici; quelli condannati, anche con sentenza non definitiva, per gravi reati; e quelli che sono cittadini di Paesi con cui l’Italia ha accordi in materia di rimpatri. Una semplice violazione amministrativa non è sufficiente per rinchiudere uno straniero in un Cpr: occorre che abbia fatto qualcosa di grosso. Una situazione che gli amministratori locali conoscono bene, e che il governatore del Friuli-Venezia Giulia, il leghista Massimiliano Fedriga, riassume così: «Nei Cpr non ci sono persone che hanno perso il lavoro o hanno perso il permesso di soggiorno, ci sono tutte persone con precedenti penali».