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Il 25 Aprile è il Natale laico dei partigiani da cachet: festa perfetta per fare incassi

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Gianluigi Paragone
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Alla fine la morale di questa storia l’ha detta Fiorello, a cui tocca pesare con ironia i fatti per quel che sono: «Questo è il record dei record: il monologo censurato più visto dei monologhi censurati. Ieri siamo andati festeggiare il compleanno di Susanna: sul menù del ristorante c’erano i primi, i secondi ed il monologo di Scurati», ha detto prima di immaginare un elenco di repliche. Fiorello alleggerisce da campione («La Rai fa anche delle cose buone»: stupenda) e fa centro sugli effetti di questa pacchiana vicenda: nessun intervento censurato è diventato così virale come quello di Scurati. Perché? Proviamo a mettere in ordine alcune considerazioni. Innanzitutto a censurare bisogna essere capaci, invece i presunti censori si sono rivelati per quel che sono: scarsi. Non ci voleva la zingara infatti per capire che questa era la classica trappola preparata dal clan di amichetti nella speranza che qualcuno abboccasse ci cadesse dentro. Infatti.

E qui siamo nel cuore della questione: da una parte c’è un sistema di potere solido, che opera in regime di monopolio culturale - quella che potremmo definire egemonia culturale -, dall’altra c’è un blocco di dirigenti, incapace di fare il salto e maturare in “sistema di potere”.
Di là c’è una macchina perfetta, di qua... lasciamo perdere.

VAI COL MARKETING
La vicenda Scurati dimostra che il 25 aprile è ormai marketing politico, culturale, una data che è diventata un’occasione per fare profitti, un natale laico dove, anche qui, i regali contano più del messaggio. Perché Scurati diventa voce della “Liberazione”? Semplice, perché ha scritto tre libri su Mussolini e quindi la Liberazione può diventare lo spunto perfetto per un ulteriore scatto di vendite. Per lui e tutti quelli del giro giusto, il giro dell’antifascismo fashion: “fascismo di ritorno”, “pericolo antidemocratico” e parole simili a effetto che quando si allineano generano il jackpot. Il 25 aprile ormai è un momento d’oro per le firme dell’egemonia culturale; è come l’immagine iconica di Che Guevara stampata sulle magliette e che fa dire a Checco Zalone: avete niente della CheGuevara? Il 25 aprile si fa festa e si fa incasso; si fanno rassegne, festival, libri, canzoni; il 25 aprile tira che è una bellezza.

UN COPIONE RODATO
E chi anima questo carrozzone? Chi sono questi inossidabili, coraggiosi resistenti a cachet? I replicanti dell’oscurato per esempio. Sono tutti lì, piangenti per il male che subiscono e per i torti che gli fanno; sono lì, questi campioni dell’incasso a cui tolgono la parola; sono lì, questi partigiani bestseller, stretti a coorte aperti alle borse se lo ordina Repubblica, Feltrinelli e gli altri del giro antifascio-fashion. Il cui copione è assai rodato e va in onda da anni. C’è solo bisogno di una campagna lancio. E loro sono bravissimi a crearla.
Prendi una conduttrice del giro amico, con gli autori della scuderia; prendi l’ospite che meglio si adatta al tema; poi costruisci la polpetta avvelenata nella speranza che qualcuno se ne accorga. Altrimenti va anche bene così. Si tratta di una operazione win/win. Infatti è capitato che i maldestri pisquani ci siano cascati mani e piedi e abbiano regalato il miglior claim pubblicitario per far partire a mille la macchina, recitato con tono contrito, grave, di denuncia. L’oscurato è diventato il martire e la Meloni il pericolo che ritorna. Come i loro conti.

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