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Il Pd fa la colletta a Milano per la Festa dell'Unità: "Una piccola cifra, c'è crisi..."

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Claudia Osmetti
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Un po’ come la pizzata in oratorio. O la cena di fine anno al liceo. Quando tocca trovare un accordo sul ristorante, mandare gli inviti rigorosamente col passaparola e mettere assieme una colletta per coprire i costi del delivery (nel primo caso) e del regalo ai prof (nel secondo). Adesso si chiama “crowdfunding”, ché all’inglese suona meglio, forse pure un tantinello chic, ma il concetto resta uguale: è una raccolta di soldi. Quella che il Pd della Madonnina ha appena lanciato per supplire ai costi della Festa dell’Unità, edizione 2024.
“Non chiederti cosa possa fare il partito per te, ma cosa tu puoi fare per il partito”: parafrasando John Fitzgerald Kennedy che, tutto sommato resta in famiglia visto era un dem pure lui, anche se d’oltreoceano. Aaa, cercasi donazioni. Micro, mignon, ognuno-secondo-le-sue-capacità (qui la cit. dovrebbe far piacere agli addetti ai lavori trattandosi nientepopòdimeno che di Karl Marx), non necessariamente in denaro (si «potrà dare un contributo donando una piccola cifra o mettendo a disposizione il proprio tempo, le proprie idee e le proprie competenze», è scritto direttamente sul sito della sezione Milano Metropolitana del Pd).

I TEMPI ANDATI
È che son cambiati i tempi. E persino le Feste dell’Unità, panini con la salamella, balli lisci modello balera e interminabili ore di “confronto” col deputato/esponente/dirigente/europarlamentare di turno. Oramai son rimasti solo questi ultimi, cioè gli incontri sotto al gazebo, e per giunta al microfono ci vanno i soliti noti: sai che divertimento. Infatti la cassa piange e l’organizzazione dell’evento, di conseguenza, fa di tutto ma di certo non ride.

 

Esempio: nel 2005 (quando il Pd neanche esisteva e i kompagni sventolavano le bandiere dei Ds, però la festa dell’Unità già era una veterana delle estati rosse, in Lombardia e soprattutto fuori), il ritrovo era fissato tra il Montestella e l’allora Mazdapalce (oggi Palasharp abbandonato al degrado, ndr), una zona sicuramente periferica ma con un’area molto vasta a disposizione, su per giù 150mila metri quadrati (segno che di pubblico ne sarebbe arrivato). Nel 2015 il Pd (che nel frattempo ha preso in mano le redini della kermesse) ha traslocato nei centralissimi giardini di Palestro, in Porta Venezia, ché il “movimento della Ztl” doveva venirci in mente ma questo è un altro paio di maniche, e gli stand si sono, diciamo così, ridotti.
Adesso, che è il 2024, e sono passati diciannove anni dall’era Veltroni e nove da quella Renzi, l’appuntamento torna in periferia (però guai a chiamarla così, «abbiamo deciso di andare in un posto che per noi è quartiere di una città policentrica, con le sue ricchezze e le sue fragilità»), dall’altra parte della città, al circolo dell’Arci Corvetto in via Mincio 23, «con una missione condivisa chiara: non allestire una vetrina ma costruire un megafono fatto di soggettività, idee e persone».
 

RISCHIO FLOP ANNUNCIATO
Una struttura sicuramente attrezzata, per carità: con un ristorante al primo piano, un salottino all’aperto, l’area bimbi. Ma tutto lì. (Tra parentesi: un discorso analogo vale per la durata della festa: nel 2005 impegnava 26 giorni, nel 2015 ne teneva occupati tredici e quest’anno è in programma, con l’originalissimo titolo “L’Unione fa la festa”, dal 6 al 15 settembre, cioè per dieci dì secchi. Chiusa parentesi). Non è proprio il segnale di un trionfo di partecipazione e vien da pensare che pesi anche il fatto che gli iscritti al Partito Democratico siano sempre più risicati (un numero su tutti, le circa 200mila tessere staccate, a livello nazionale, e registrate a febbraio del 2023, contro le 320mila di appena due anni prima: per il Nazareno, sicuramente, un tonfo, non solo politico ma persino economico, calcolando che la card con stampati su gli occhi sorridenti di Berlinguer costa quindici euro a testa). Non a caso è il Pd meneghino che lo ammette: «In tempi di strutturale e pesante crisi economica per tutti i partiti, vogliamo prenderci la responsabilità di essere un gruppo dirigente che guarda al futuro. Che non genera debito, ma che investe sui circoli e sul territorio. Ogni euro risparmiato, ogni euro guadagnato, è un euro con cui possiamo costruire progetti territoriali e finanziare attività su tutti i territori in vista delle grandi sfide che ci aspettano». Quindi chi può, por favor, ci metta la moneta, che il momento è di magra, già il solo accostare lo spauracchio di un “debito” con la Festa dell’Unità avrebbe fatto rizzare all’insù i baffi di Peppone in un’epoca neanche troppo lontana, e ora è meglio non rischiare la figuraccia. Ops.

 

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