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Open Arms, quando i 5S esultavano per il fermo alle Ong: ennesima figuraccia

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Fabio Rubini
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Oggi strepitano in ogni dove sognando Matteo Salvini ai ceppi. Eppure quando erano al governo con lui marciavano allineati e coperti gridando «porti chiusi! porti chiusi!». Ovviamente parliamo dei grillini, i camaleonti della politica moderna. Un movimento che al confronto Agostino De Pretis, inventore del “trasformismo politico”, era un dilettante. L’avversione dei Cinquestelle verso le Ong e l’immigrazione incontrollata non risale agli annidi governo, ma è addirittura precedente al Conte uno e ai decreti sicurezza.

Già nel 2017 (un anno prima di andare al governo con la Lega) Luigi Di Maio tuonava contro quelli che lui per primo chiamò «Taxi del mare». Sentitelo: «C’è il procuratore di Catania che ha lanciato un allarme e ci sta dicendo che c’è il rischio che stiamo traghettando dei terroristi. Addirittura- prosegue l’allora parlamentare semplice del M5S- potrebbero essere gli stessi scafisti che finanziano le Ong. Se ci sono sospetti che i trafficanti nemmeno devono attraversare le acque libiche, perché li mettono (i migranti, ndr) direttamente sulle navi delle Ong, allora il nostro dovere è andare a capire chi stiamo salvando e chi stiamo traghettando con un taxi del mare».

 

 

 

Due anni dopo, è il 4 luglio 2019, ad un evento di Coldiretti e in piena polemica sui porti chiusi, è sempre Luigi Di Maio, nel frattempo promosso a vicepremier e ministro allo Sviluppo economico, Lavoro e Politiche sociali, ad andarci giù ancora più pesante: «Le Ong hanno trovato il loro palcoscenico. Vanno nelle acque Sar libiche, caricano persone che potrebbero essere salvate dalla marina libica, se le mettono in barca, vengono in Italia e iniziano lo show». In quell’occasione si parlava di un salvataggio avvenuto con una barca a vela e il vicepremier non esita a definire quell’operazione «da incoscienti. Utilizzano una barca a vela per sfidare l’Italia».

L’approccio “forte” al tema del contrasto dell’immigrazione, trova un cantore anche in Alessandro Di Battista, per tutti “Dibba”. Il 9 gennaio del 2019 spiega il suo punto di vista, sostenendo che «i migranti vanno fatti sbarcare e poi messi subito su un aereo diretto in Olanda». Questo perché «serve provocare un incidente diplomatico affinché Bruxelles si assuma le sue responsabilità». In quell’occasione il già citato Di Maio annuncia addirittura che il governo - il Conte uno - sta preparando una misura per sequestrare le imbarcazioni delle Ong.

 

 

 

Il caso più clamoroso di appoggio alla politica dei porti chiusi, come ricorderete, è quello che coinvolse l’allora ministro alle Infrastrutture e Trasporti Danilo Toninelli. Erano i giorni in cui i numeri degli sbarchi- drasticamente ridotti- stavano certificando la bontà della politica messa in campo dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. Toninelli, però, non ci sta a lasciare tutta la gloria al collega di governo. Così si presenta tutto tronfio davanti ai giornalisti per spiegare che «fino ad oggi non Salvini, ma Salvini assieme al sottoscritto e al presidente Conte abbiamo diminuito con una cifra veramente enorme il numero degli sbarchi. Significa che stiamo facendo un buon lavoro di squadra. L’Italia- sentenziava - torna ad andare avanti a testa alta su un problema epocale come quello dell’immigrazione in cui, con i governi di centrosinistra, era stata abbandonata».

Infine c’era lui, il premier trasformista Giuseppe Conte, quello che al governo con Salvini approvava e faceva votare i decreti sicurezza (il secondo addirittura ponendo la questione di fiducia, tanto per far capire l’importanza del provvedimento) e che si presentava sorridente in conferenza stampa con Salvini mostrare fiero il cartello con scritto «#decretosalvini - sicurezza e immigrazione»; ma che una volta passato a guidare un esecutivo con Pd e sinistra varia, quei decreti li ha stracciati e disconosciuti. Il primo Conte, come detto, era però un fervente sostenitore della linea dura, tanto dal mettere in piedi un vero e proprio braccio di ferro con i Paesi che negavano gli sbarchi. Sentitelo: «Al premier maltese Muscat ho chiesto chiaramente che si facesse carico almeno del soccorso umanitario delle persone in difficoltà che si trovano sull’Aquarius, ma si conferma l’ennesima indisponibilità di Malta, e dunque dell’Europa, a intervenire e a farsi carico dell’emergenza». Addirittura quando Carola Rackete forzò il blocco delle motovedette della Guardia di Finanza, l’allora premier sentenziò: «Quello della Sea Watch è stato un ricatto politico sulla pelle di 40 persone».

L’apice del trasformismo grillino, però, è stato toccato sulla vicenda del processo. A una prima richiesta del tribunale di Catania i grillini supportati dalla solita consultazione sulla piattaforma online - negarono l’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini. Tutto cambiò dopo la crisi di governo che fece cadere il Conte uno e diede vita - a sorpresa - al Conte due con la sinistra. Ignorando il voto della giunta per le autorizzazioni (che aveva dato parere negativo al processo), i grillini al Senato - era il 30 luglio 2020-, cambiarono idea e voto dando il via libera al processo che ieri ha vissuto una giornata importante, con l’accusa a chiedere sei anni di reclusione per l’attuale vicepremier.

 

 

 

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