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Emilia Romagna e Liguria? Pd campione di ipocrisia

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Pietro Senaldi
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Già che quello largo è morto, decesso certificato dalla nuova coppia della politica sinistra Conte-Bonelli, il campo coltivato da Elly Schlein è rimasto solo quello delle ambiguità. È questo il prezzo che il Pd paga nelle Regioni dove si vota quest’autunno per tenere vivo il miraggio di un’alleanza forte, duratura e affidabile con M5s. Partiamo dalla Liguria, dove è noto che il candidato Andrea Orlando ha dovuto rinunciare al sostegno di Italia Viva, cedendo all’aut aut di Giuseppe Conte: o me o il rottamatore. Lo slogan dell’altro candidato, Marco Bucci, quello del centrodestra, è «Non fermiamo il sogno Liguria». Il sindaco di Genova allude alle opere pubbliche progettate dalla giunta di Giovanni Toti e a quegli undici miliardi di investimenti sulla Regione previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e gira porti e paesi a dire che, se vince la sinistra, si ferma tutto. Orlando nega, ma poi vai a buttare un occhio al suo programma, formalizzato ieri, e ti corre un brivido sulla schiena.

Nelle promesse agli elettori mancano la Gronda di Genova, la nuova Diga Foranea, il Tunnel Fontanabuona destinato a collegare la A12 con l’entroterra del Tigullio, il completamento della ferrovia La Spezia - Parma (detto “la Pontremolese”) e l’allargamento dell’ospedale Galliera, nel centro di Genova. Tutte opere fondamentali per lo sviluppo economico e per la sanità, ma alle quali i grillini si oppongono. Per questo Orlando le ha sbianchettate, proprio nel giorno in cui, nel capoluogo, Bucci inaugurava con il ministro Adolfo Urso la casa del made in Italy, futuro «punto di riferimento per imprese, sindacati e tessuto produttivo», come da dichiarazione ufficiale. «Non ho messo le opere perché sono già progettate e finanziate, e per di più sostenute da governi di centrosinistra» si è affrettato a dire il candidato progressista, promettendo di «far uscire la Regione dalla palude della destra». Ma la verità è che non sono state inserite per non aprire un caso con l’alleato pentastellato. Quindi, in caso di vittoria dei progressisti, delle due una: o le opere si faranno, e perciò saranno stati ingannati gli elettori grillini, oppure non procederanno e gabbati saranno gli elettori dem. Per intendersi, non si tratta di progetti da poco. Il Galliera ha 150 anni e li dimostra mentre la sua ristrutturazione prevede 404 posti letto, 14 sale operatorie e 80 ambulatori; per uno schieramento che accusa Toti di aver trascurato la sanità sarebbe un toccasana, invece causa M5S diventa un problema, perché la struttura dovrebbe essere alzata e ampliata.

 

 


DALLA DIGA ALLE AUTOSTRADE
Quanto alla Diga, consentirebbe l’ingresso in porto delle grandi navi container, quelle larghe 60 metri e lunghe 400 e permetterebbe a Genova di competere con Rotterdam, con un aumento di 1300-1500 mezzi pesanti al giorno e un introito fiscale maggiorato di 5 miliardi l’anno: una cosa in grado di cambiare in meglio l’economia di tutta la Regione e dei suoi abitanti. Infine le opere autostradali, in tutto una settantina di chilometri, decongestionerebbero il traffico, attualmente angosciante quanto inquinante, sia a Ponente sia a Levante, ma per i grillini sarebbero uno sfregio ambientalista. L’altro teatro dell’ambiguità è l’Emilia Romagna. Ieri il candidato progressista, Michele De Pascale, ha cercato di sedurre telefonicamente Conte. Il leader grillino da giorni ripete che, se Renzi presenterà il suo simbolo, e i suoi uomini, nello schieramento della sinistra, lui correrà da solo. I sondaggi dicono che M5S nella Regione vale il 6% e Iv l’1,7, quindi il candidato dem potrebbe vincere anche da solo, con il vantaggio di non dover poi spartire con gli alleati le centinaia di poltrone ben stipendiate che il sistema rosso garantisce da decenni a funzionari, sotto-panza e trombati dem. Però Elly ha dato l’ordine di scuderia che non si può tradire l’immagine del campo largo proprio nella sua regione, che è anche da sempre il simbolo della sinistra, e si sa che i candidati presidenti dem si presentano a Bologna per avere un futuro a Roma o altrove (vedasi Bersani, Errani, Bonaccini e la stessa Schlein).


L’EQUILIBRISTA
Perciò De Pascale deve fare l’equilibrista. Sta cercando di tenere insieme tutto, visto che il suo schieramento ha già promesso un assessorato alla renziana Giulia Pigoni. Conte alzerà la voce, dirà a tutti che non ci sta, che vuole Renzi fuori, ma difficilmente si sfilerà dal piatto ricco emiliano. Quanto a Italia Viva, finirà con il presentare una sua lista con la sinistra, ma il tutto non si deciderà prima della prossima settimana. Il 15 è la data di scadenza per la presentazione delle candidature. Si pensava che se la Rai si fosse sbloccata, l’accordo giallorosso sarebbe stato più facile, ma Elly e Giuseppi percorrono viale Mazzini in direzioni ormai opposte.

 

 

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