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Dossieraggio, la fogna della Repubblica: ecco la rete di spioni per colpire il centrodestra

Daniele Capezzone
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Mentre da ieri si è aperta una nuova storiaccia, quella del bancario autore di ben 6mila accessi illegali a conti correnti (incluso quello di Giorgia Meloni), resta sotto gli occhi di chi vuol vedere un’altra discarica ancora più enorme. E no, non è solo una massa maleodorante. È un’autentica fogna: la fogna della Repubblica. Eppure più di qualcuno nei palazzi romani (incredibilmente, non solo a sinistra) fa ancora finta di non capire. Quello del dossieraggio-Striano non è soltanto un “caso” (in Italia di “casi” ce ne sono almeno un paio a settimana), ma è probabilmente il più grave e profondo episodio di spionaggio di massa da sessant’anni a questa parte: una sistematica ed enorme azione che potremmo definire di hackeraggio della democrazia e di ricatto politico su larga scala.

Non solo: come vedremo tra poco, si tratta di un’attività che per la sua tempistica (con accelerazioni parossistiche in coincidenza con la nascita del governo Meloni, con l’evidente obiettivo di assassinarlo in culla) e per i suoi bersagli (quasi tutti di centrodestra) ha delle vittime designate: e cioè gli avversari politici-mediatici-imprenditoriali della sinistra. A maggior ragione, non si comprende la timidezza anche istituzionale della maggioranza (purtroppo a tutti i livelli, con eccezioni quasi individuali: cito volentieri il senatore Gasparri) nel prendere di petto la questione. Qualcuno potrebbe ipotizzare o insinuare: c’è forse il timore che possa uscire qualcosa di sgradevole per qualcuno pure a destra? Ne dubitiamo: ma, avendo seguito la faccenda sin dall’inizio, la sensazione è che, se anche qualche personalità di centrodestra fosse sfiorata o toccata, si tratterebbe della proverbiale macchiolina sulla camicia. Laddove gli altri – i beneficiari oggettivi di questo gigantesco dossieraggio – dovrebbero invece cancellare macchie enormi e indelebili, e non solo sulle proprie camicie.

 

 

 

In questo senso, l’analisi a freddo delle oltre 200 pagine con cui la procura di Perugia, guidata dal dottor Cantone, è tornata a chiedere l’applicazione delle misure di custodia cautelare per i principali indagati, il sottufficiale Striano e il magistrato Laudati, rappresenta un’autentica miniera, dalla quale abbiamo estratto materiale suddiviso in 10 punti fondamentali.

1. Bersagli politici tutti (o quasi) di centrodestra
Esaminando i soggetti politicamente rilevanti a carico dei quali avvengono gli accessi abusivi alle più diverse (e teoricamente riservatissime) banche dati, balza agli occhi come i bersagli siano tutti o quasi di centrodestra. Non c’è solo un’attenzione ossessiva contro Guido Crosetto (e, come Libero vi ha già raccontato, verso il resto della sua famiglia): e infatti è proprio da un fondatissimo esposto dell’attuale Ministro della Difesa che è partita l’indagine. Ma, pagina dopo pagina e file dopo file, troviamo variamente “dossierati”, in ordine alfabetico: Luigi Brugnaro, Andrea Delmastro Delle Vedove, Claudio Durigon, Marta Fascina, Giovanbattista Fazzolari, Carlo Fidanza, Tommaso Foti, Federico Freni, Domenico Furgiuele, Massimo Garavaglia, Giancarlo Innocenzi, Francesco Lollobrigida, Tommaso Longobardi, Letizia Moratti, Alessandro Morelli, Mario Occhiuto, Gilberto Pichetto Fratin, Nicola Procaccini, Fabio Rampelli, Fabio Roscani, Giovanni Toti, Francesco Vaia, Giuseppe Valditara.

Cos’hanno in comune? Sono tutti esponenti del centrodestra (ministri, parlamentari, dirigenti di partito) o persone che, per incarichi professionali o di collaborazione o per nomina pubblica o per consulenza, sono variamente riconducibili all’area dell’attuale maggioranza (Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia).
Altri filoni puntano dritto su amministratori locali sempre di centrodestra (Luigi Brugnaro, Attilio Fontana e i suoi familiari, Roberto Occhiuto, Giovanni Toti), oppure mirano al cuore organizzativo e amministrativo della Lega (Giulio Centemero, Luca Morisi, Gianluca Savoini, più la Lombardia Film Commission), oppure – come massima diversificazione rispetto al centrodestra – si concentrano sull’area renziana (Renzi stesso, Alberto Bianchi, Marco Carrai).

2. Timing: autunno caldo 2022, uccidere il governo Meloni nella culla
Gli accessi abusivi si articolano lungo un arco temporale amplissimo (e, leggendo qualche giornale e confrontando articoli recentissimi con il materiale messo insieme dalla procura di Perugia, si può persino temere che l’attività di ricerca illegale sia tuttora in corso), ma un’accelerazione clamorosa si registra nel periodo immediatamente precedente e immediatamente successivo al giuramento del governo Meloni. Vale per Crosetto ad esempio: che giura il 22 ottobre 2022 e si vede sparati addosso dal quotidiano Domani tre pesantissimi articoli (basati sul materiale estratto da Striano e passato ai cronisti del giornale di De Benedetti) il 27-28-29 ottobre.

Ognuno comprende l’oggettiva valenza di questo timing: se si riesce subito a far cadere come un birillo un ministro di peso, può venir giù tutto il castello di un governo appena nato. Per Crosetto, tra l’altro, le ricerche erano cominciate già in estate: ma curiosamente, quando l’esponente di Fdi decide di non candidarsi alle elezioni, l’interesse scema. Salvo però riaccendersi quando Crosetto entra nel totoministri. Altro che interesse giornalistico, quindi: vista a posteriori, appare chiara a tutti la connotazione politicamente motivata della campagna.

3. Bersagli imprenditoriali. Sotto tiro editori ed imprenditori non organici né collaterali rispetto alla sinistra?
Anche questo è un aspetto curioso. Risultano accessi ai sistemi SIDDA-SIDNA (cioè le banche dati super-riservate afferenti alla Direzione distrettuale antimafia e alla Direzione nazionale antimafia) a carico di imprenditori, editori, manager e personalità non organiche né collaterali rispetto alla sinistra: dall’armatore Gianluigi Aponte all’imprenditore Danilo Iervolino (ora entrambi anche editori), dal presidente del nostro gruppo editoriale Antonio Angelucci all’ex manager Eni Leonardo Bellodi. Il metodo appare sempre il solito: pesca a strascico (si cerca e si acchiappa di tutto, in qualsiasi direzione) e ricerca on demand (ma su richiesta di chi?).

4. A posteriori: quante assonanze con inchieste giornalistiche e giudiziarie...
Rileggendo il documento della procura di Perugia con le gravissime contestazioni a carico di Striano e Laudati, e incrociando queste informazioni con le inchieste giudiziarie e giornalistiche degli ultimi ventiquattro-trentasei mesi, c’è un’evidenza che balza agli occhi: la gran parte dei casi più scottanti finiti in qualche procura o su qualche quotidiano nasce o passa dalle ricerche di Striano & co. Solo una coincidenza? Difficile crederlo. La sensazione è che la pesca a strascico servisse proprio a questo: sui bersagli prescelti si trattava di raccogliere tutto il raccoglibile. Dopo di che, una volta esaminato (da chi?) il materiale, restavano oggettivamente aperte più strade: colpire il bersaglio per via giudiziaria (in caso di notizia di reato), oppure sputtanarlo “giornalisticamente”, oppure tenere ben archiviato il materiale contro di lui (sempre utile a qualcuno, prima o poi, nel paese dei veleni e dei ricatti).

5. Legami giornalistici. Ma possiamo accontentarci di questo movente?
I rapporti di Striano con numerosi giornalisti risultano squadernati in modo palese: tutto il gruppo di testa di Domani (Tizian, Vergine, Trocchia, oltre all’attuale direttore Fittipaldi) ma anche Amadori della Verità. Ma – parliamoci chiaro – al di là degli assai discutibili rapporti tra qualche cronista e Striano, vogliamo davvero credere che un sottufficiale della Guardia di Finanza si sia esposto al rischio di commettere reati gravissimi solo per passare delle carte ai giornalisti amici?

 

 

 

6. La Guardia di Finanza (passata gestione) e la necessità di qualche spiegazione
Il sottufficiale Striano appartiene al corpo della Guardia di Finanza, ed è stato incardinato presso la Procura antimafia. Chi lo ha scelto? Chi lo ha coperto? Chi non ha adeguatamente vigilato su di lui? E soprattutto: come mai, nel momento in cui a Federico Cafiero de Raho (di cui Libero ha chiesto per primo e continua a chiedere le dimissioni dalla Commissione parlamentare Antimafia e soprattutto la sua audizione in quella sede: ma non abbiamo finora ottenuto risposte, purtroppo, né dalla presidente della Commissione Chiara Colosimo, né dai presidenti delle Camere Ignazio La Russa e Lorenzo Fontana) succede Giovanni Melillo alla guida della Procura nazionale antimafia, a quest’ultimo, in un incontro con i vertici di allora della Finanza (i generali Zafarana e Sirico), viene sollecitata – in particolare da Sirico – l’opportunità di un incontro con Striano? Al lettore può sorgere il fondato dubbio che Striano fosse circondato dalla stima e dal sostegno dei suoi superiori: il che è confermato dalla sfilza di elogi ed encomi anche formalmente ricevuti negli anni dal sottufficiale. Si erano tutti sbagliati o ci sono altre spiegazioni possibili?

Non solo: sostiene il dottor Melillo che, prima del suo arrivo, le prassi relative a questo genere di ricerche delicatissime fossero elastiche, regolate più in forma orale che in forma scritta, e comunque oggettivamente tali da consentire allo Striano della situazione di muoversi agilmente (e, secondo l’accusa, illegalmente). Il dottor Melillo parla di un modo di procedere “poco in linea con i principi di trasparenza, efficienza e verificabile gestione dei servizi”. Com’è potuto succedere? Un’altra oggettiva sottovalutazione del problema da parte della gestione Cafiero de Raho?

7. Ma c’era a Roma la convinzione dell’esistenza di un “service” di ricerche illegali?
Senza sommergere il lettore di dettagli (ma è significativa, a titolo di esempio eloquente, la vicenda di un opaco dossier che sarebbe stato confezionato a carico del presidente della Federcalcio Gravina), si deve forse ritenere che, in circuiti istituzionali o su binari paralleli, si fosse diffusa la convinzione che esistesse a Roma un service provider di informazioni sensibili? E che quindi Striano fosse il terminale di richieste provenienti da molte parti, dentro e fuori il perimetro istituzionale, sempre con l’idea (o comunque con l’accettazione) dell’illegalità di tali accessi come una prassi ormai tranquillamente consolidata?

8. Servizi stranieri hanno a vario titolo beneficiato di questo materiale?
Siamo giunti alla domanda delle domande: spezzoni di intelligence estera hanno potuto usufruire di questa valanga di materiale ultrasensibile? O ci sono comunque altre entità estere (attori politici, soggetti economici, portatori di interesse) che si sono potute avvantaggiare di questa attività? Non occorre molta fantasia per immaginare quanti – anche fuori dei confini nazionali – potessero e possano tuttora essere interessati a tenere sotto ricatto figure chiave della nostra Repubblica.

9. Che fine ha fatto tutto il materiale scaricato?
Davvero vogliamo credere che, a fronte di 40mila soggetti vittime di accesso abusivo, e di almeno 200mila documenti scaricati sul loro conto, tutto sia confluito in appena 5-6 articoli di un paio di quotidiani? E tutto il resto del materiale che fine ha fatto? Che uso è stato compiuto di questa ingentissima massa di informazioni, o che uso si pensava di compierne, e in cambio di quale utilità?

10. Perché tanto tempo per decidere sulla custodia cautelare a carico dei principali indagati?
Come mai, nel paese in cui si abusa delle misure cautelari, nel caso del dottor Striano e del dottor Laudati, esse non sono state ancora disposte, nonostante la richiesta della procura guidata dal dottor Cantone? E come mai misure restrittive non sono state disposte dall’inizio di tutta questa vicenda? Questo fatto ha un qualche rapporto con la possibilità che materiale probatorio decisivo possa essere stato occultato o distrutto da qualcuno?

 

 

 

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