Il tappo del Quirinale, quantomai tempestivo, ha per lo meno contrastato lo sversamento ideologico-strumentale e la deriva politica, pur non potendo impedire la polemica. La pronuncia del Consiglio d’Europa sul fantomatico razzismo delle Forze dell’ordine italiane nei confronti di africani e rom fa inorridire da qualsiasi punto di vista, anche per gratuità, offensività e ipocrisia. Senza scomodare la dietrologia complottista del “regalino” a dodici stelle confezionato e infiocchettato per il secondo compleanno del Governo, sono i contenuti nella forma e nella sostanza a far pensare all’esistenza di qualche manina interessata dietro a qualche disegnino non casuale al quale è difficile attribuire la buona fede umanitaria e la filosofia del diritto universale.
Mai visto e mai sentito altrettanto vigore decisionale in casi magari eclatanti e soprattutto circostanziati su atteggiamenti istituzionali alquanto disinvolti sul problema epocale delle migrazioni al di su delle Alpi e al di giù della Sicilia. In Europa ognuno se lo risolve nel giardino di casa, anche chiudendolo, senza troppe quinte colonne a strapparsi i capelli né sovraorganismi europei a ficcanasare e a puntare l’indice accusatorio per indicare infrazioni e retta via. Vista appannata, memoria corta e, soprattutto, doppia morale. La Germania dell’ex cancelliera Angela Merkel i migranti se li selezionava, per nazionalità e titolo di studio: braccia spalancate, ma tenendosi nel pugno ingegneri e medici e facendo scivolare tra le dita gli altri, dirottati altrove nel nome della solidarietà allargata. La risposta tedesca alla crisi siriana con la schedatura etnica e professionale non è stata nulla di fronte alla visione delle Forze dell’ordine tedesche che scortavano africani e mediorientali in evidente stato di sedazione indotta verso i mezzi che dovevano riportarli in Italia con la ferrea applicazione di quello sciagurato ircocervo che è stato il Trattato di Dublino.