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Giuseppe Conte va alla guerra e il Corriere s'innamora

Fabrizio Roncone si è fatto prendere un po' la mano nel racconto sul quotidiano della manifestazione romana e pacifista
di Francesco Damato lunedì 7 aprile 2025

3' di lettura

Pur senza rinunciare, per fortuna e di frequente, alla sua solita ironia, temo che Fabrizio Roncone si sia fatto prendere un po’ la mano anche lui, più ancora di Marco Travaglio che vi ha partecipato fra i promotori, nel racconto sul Corriere della Sera della manifestazione romana e pacifista, almeno a parole, di Giuseppe Conte. “La prima” irruzione in piazza, ha osservato Fabrizio, da quando l’ex presidente del Consiglio e ora solo presidente di quel che è rimasto elettoralmente del MoVimento 5 Stelle se n’è davvero impadronito, liberandosi del ruolo ingombrante di garante di Beppe Grillo. Sotto le cui finestre romane, quelle dell’albergo dove il comico alloggia nelle sue trasferte capitoline, è quasi sfilato il corteo della pace contiana. O dell’abolizione della guerra, come fu quella della povertà trionfalmente annunciata dal balcone di Palazzo Chigi non più tardi di sette anni fa dall’allora vice presidente del Consiglio Luigi Di Maio per avere Conte appena varato col suo governo il famoso reddito di cittadinanza. Partorito giocando sui decimali con l’Unione Europea per rimanere, almeno formalmente, nei famosi parametri comunitari del deficit.

Anche Roncone è rimasto shoccato ripeto: shoccato, non scioccato - dal corteo o colpo d’occhio «inatteso, imprevisto, clamoroso» prodotto dall’iniziativa di Conte e dal suo attacco verbale, disponendo per fortuna solo di parole e non di moschetti, alla “menzognera” premier Giorgia Meloni. Ancora illusa, secondo Conte, di vivere una “luna di miele” col Paese che governa. Illusa tuttavia, nel racconto sempre di Roncone, è anche Elly Schlein, la segretaria del Pd, nel considerarsi o lasciarsi considerare, persino nello statuto del suo partito, la candidata a Palazzo Chigi se dovesse mai realizzarsi l’alternativa al centrodestra che Conte ha fiduciosamente intravisto, anzi visto nascere dalla sua manifestazione. Naturalmente nella speranza, anzi nella convinzione di essere lui invece il predestinato al ritorno alla guida del governo alternativo, ripeto, a quello della Meloni. Una predestinazione esorcizzata dalla Schlein tenendosi personalmente fuori e lontano dal corteo e affidando la rappresentanza del Pd a una delegazione capeggiata dal presidente del gruppo del Senato Francesco Boccia. Che ha rischiato di trovarsi con la Boccia, al femminile, Maria Rosaria: quella che l’anno scorso aveva prima graffiato, forse anche incerottato e poi fatto dimettere o deporre il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Ora fiancheggia Rita De Crescenzo corsa a Roma contro le armi.

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Un altro ritorno sulla scena, grazie al raduno di Conte, è stato quello del suo ex capo ufficio stampa a Palazzo Chigi Rocco Casalino, che non poteva certo perdersi lo spettacolo dell’ex premier «fresco e senza cravatta, messa al diavolo». Un Rocco «radioso», ha raccontato Roncone «dello sfavillante casino grillino»: casino al minuscolo, essendo la maiuscola dovuta solo al cognome dell’interessato. Che nel 2019 inciampò pure lui, come l’allora premier, nella ricerca affannosa di una maggioranza per un terzo governo Conte, quando già Mario Draghi studiava, diciamo così, da successore. Mao diceva che «grande è la confusione sotto il cielo», ricavandone ottimismo per sé stesso. Qui, per stare all’immagine più casareccia di Roncone, grande è “il casino” delle opposizioni pur festosamente sfilate per le strade di Roma. Di cui lo stesso Roncone solo qualche giorno fa, prima di distrarsi un po’ seguendo e ascoltando il Conte dell’Esquilino e dintorni, aveva scrupolosamente elencato incidenti e contraddizioni in sole tre settimane di votazioni fra Parlamento europeo, Parlamento italiano e piazze sui temi non da avanspettacolo come sono quelli della difesa e della sicurezza. Che non possono essere appesi come caciocavalli a un soffitto, per quanta voglia si possa avere di scherzare.

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