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Meloni alla Camera smonta tutte le accuse dell’opposizione

Botta e risposta con i leader avversari. Lo scontro con Conte sul riarmo: "Quello che aumentò le spese militari sarà stato un altro 'Giuseppi'". A Schlein: "Avete governato per dieci anni senza fare un Piano sanitario"
di Fausto Carioti giovedì 15 maggio 2025

4' di lettura

L’opposizione vive il “premier time”, la seduta in cui il capo del governo viene in aula per rispondere alle interrogazioni dei parlamentari, come l’occasione perfetta per la zuffa, e Giorgia Meloni non si tira indietro. È successo anche ieri a Montecitorio, e alla fine resta l’impressione che ogni tanto la premier senta il bisogno di misurarsi con i leader avversari, come se volesse controllare di persona qual è il loro stato di forma. Se è così, è potuta tornare a casa tranquilla: Angelo Bonelli, Giuseppe Conte ed Elly Schlein sono ancora lontani dall’impensierirla.
Il primo scontro è con Bonelli, il quale non sembra vedere responsabilità di Hamas su ciò che sta avvenendo a Gaza e prende per buona ogni accusa che viene dalla propaganda palestinese. Racconta che «medici e paramedici sono stati giustiziati a sangue freddo», ribadisce che Benjamin Netanyahu è «un criminale» e chiede alla premier di ritirare l’ambasciatore italiano in Israele.
Meloni ricorda, per l’ennesima volta, quello che il governo italiano sta facendo per la popolazione palestinese, anche sul piano umanitario («Oggi abbiamo evacuato altre 34 persone, tra cui 14 bambini»), e mostra qual è la linea che la separa da Netanyahu. Definisce la situazione umanitaria a Gaza «sempre più drammatica e ingiustificabile» e racconta di avere sentito il primo ministro israeliano in «conversazioni spesso difficili», nelle quali lei gli ha sempre chiesto «di trovare una strada per terminare le ostilità». Aggiunge, per maggiore chiarezza: «Non abbiamo condiviso diverse scelte, non condividiamo le recenti proposte del governo israeliano e non abbiamo mancato di dirlo ai nostri interlocutori».
Però, avverte, «siamo consapevoli che non è stato Israele a iniziare le ostilità» e che il disegno di Hamas è proprio quello di isolare Israele: «Questo non può non farci riflettere su quanto sarebbe pericoloso assecondare il disegno dei terroristi».
Dunque, dice rivolta agli scranni della sinistra, non devono esserci «ambiguità nel pretendere che Hamas rilasci immediatamente gli ostaggi e deponga le armi, e nel dire che non c’è spazio per una presenza di Hamas nel futuro della Striscia e in un futuro Stato palestinese».
Anche in questo caso la linea della premier coincide con quella di Donald Trump: bisogna «aprire la strada a un processo che conduca alla soluzione dei due Stati» e per questo «occorre partire dal piano di ricostruzione proposto dai Paesi arabi», lavorando anche «con gli Stati Uniti». Per tutti questi motivi, conclude, «non è nell’intenzione del governo italiano richiamare l’ambasciatore in Israele».
Se il dialogo con Bonelli, visto l’argomento, è duro, ma tutto sommato rispettoso, Meloni con Conte può permettersi di essere irridente. Lui l’accusa di essersi «fatta fregare», dicendo sì al riarmo europeo, e lei gli risponde di essere «molto affascinata da questa sua recentissima e travolgente passione anti-militarista, che nessuno aveva avuto modo di apprezzare quando era presidente del consiglio dei ministri». Gli ricorda di quando, in piena pandemia e con un Fondo sanitario inferiore a quello di oggi, lui sottoscrisse «un aumento delle spese militari che al tempo valeva circa 15 miliardi di euro», i «ventidue schemi di decreto ministeriale relativi a programmi d’arma» approvati tra il 2019 e il 2022 e altri atti. Facile la battuta: «Sarà stato uno dei tanti altri “Giuseppi” che abbiamo visto in questi anni...».
Schlein, invece, è tornata sull’argomento della spesa sanitaria, aumentata in valore assoluto, ma scesa in rapporto al Pil. Meloni ribadisce che il Fondo sanitario è stato portato a 136,5 miliardi nel 2025, «il livello più alto di sempre», e che non c’è «alcun nesso logico tra la crescita economica e la qualità del sistema sanitario». Quindi chiede alla segretaria del Pd se sa quando è stato scritto l’ultimo Piano sanitario nazionale. Risponde la stessa premier: «Era il 2011, era un governo di centrodestra. Siete stati al governo dieci anni, non ne avete mai scritto e messo in campo uno. E oggi, che siete all’opposizione, ci venite a spiegare quanto sia importante la sanità?». Su questo tema, chiosa, la sinistra dovrebbe «dare una mano, invece di stare lì a fare le “macumbe” perché le cose vadano male».
Ne ha avute pure per Maria Elena Boschi, che l’ha attaccata sull’economia. Prima il capo del governo snocciola dati e provvedimenti varati e le fa presente che «lo spread oggi è sotto i 100 punti base». Il lavoro non è certo finito, c’è molto altro da fare, «però io penso che, rispetto all’Italia che raccontate, il giudizio vada chiesto ai cittadini». Poi punge la renziana sulla carne viva del Jobs Act: «Penso che i cittadini vedano un cambio di passo anche rispetto al variegato mondo dell’opposizione che, per tornare al fantasma dell’onorevole Magi, quando è al governo fa delle riforme e quando è all’opposizione fa i referendum per abolirle». Riccardo Magi di Più Europa, poco prima, era apparso in aula coperto con un lenzuolo, per chiedere più informazione sui referendum. La presenza della premier fa fare anche questo.

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