Tutto questo impegno dietro il referendum cela un bottino da 2,5 milioni. Se infatti il quesito referendario su Jobs act e cittadinanza del prossimo 8 e 9 giugno ottenesse il raggiungimento del quorum, ecco che Maurizio Landini e Cgil si riempirebbero le tasche di soldi. Stando a quanto riportato dal Giornale, ogni quesito referendario può valere fino a mezzo milione di euro di rimborso elettorale per il comitato promotore del referendum. Ecco perché il sindacalista sta spingendo al massimo la macchina elettorale.
A conti fatti, la legge (n. 157 del 1999) nel caso del referendum abrogativo (quello che si svolgerà il prossimo 8 e giugno), disciplinato dall’articolo 75 della Costituzione, prevede il rimborso di 1 euro per ogni firma raccolta su ogni singolo quesito, fino a un massimo di 500mila firme, che è la quota necessaria per chiedere la consultazione. In ogni caso l’accesso al contributo economico è vincolato al verificarsi di due condizioni: il via libera da parte della Corte Costituzionale sull’ammissibilità del quesito referendario. La seconda condizione, introdotta nel 2006 da una modifica, vincola il rimborso al raggiungimento del quorum.
Non è chiaro però se in caso di mancato raggiungimento del quorum, la norma riconosca comunque - anche se in misura ridotta - un rimborso per le spese sostenute dal comitato per la campagna referendaria. E se si considerano i cinque quesiti, sul tavolo ci sono 2,5 milioni di euro. Sempre nel caso in cui si verificasse il quorum, ovviamente. Ma a chi andrà un eventuale bottino? Oltre a Landini ecco spuntare Magistratura democratica, l’associazione che riunisce la corrente di sinistra delle toghe.