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Il creato, l'essere umano e le sue responsabilità

La legge a tutela degli animali: il commento di Nicola Procaccini, europarlamentare di FdI
di Nicola Procaccini domenica 1 giugno 2025

3' di lettura

Grandezza e progresso morale di una nazione si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali». Con le sagge parole di Gandhi saluto l’approvazione del Parlamento italiano della legge in difesa degli animali. Un provvedimento con un significato che merita di essere approfondito, perché non si limita ad inasprire le pene nei confronti di chi esercita una violenza gratuita verso gli animali, ma si pone l’obiettivo di “educare” al giusto rapporto tra noi e loro.

I conservatori occidentali considerano gli animali parte integrante del patrimonio naturale e culturale del pianeta e credono che il rispetto della loro dignità sia un valore fondamentale. Gli animali non sono giocat« toli, va salvaguardato il loro benessere, ma non vanno confusi con gli umani. Quando sento dire da certi ambientalisti che noi saremmo animali tra gli animali, inorridisco come cristiano, perché, per chi crede, uomini e donne sono fatte «a immagine e somiglianza di Dio». Ma inorridisco anche al di là dell’aspetto religioso, perché in natura specie vegetali, esseri umani e animali non sono la stessa cosa, hanno una collocazione differente che non può essere confusa. Gli animali si possono amare, senza tramutarli in altro. Quanta ragione aveva Papa Francesco nel ritrarsi sdegnato di fronte a quei passeggini con dentro innocenti bestiole, i cui colpevoli padroni pretendevano fossero benedetti.

L’ecologia conservatrice sostiene una visione equilibrata della relazione tra natura e uomo e pone a carico di quest’ultimo una grande responsabilità: la custodia del creato. Si può essere allora contemporaneamente “animalisti” e carnivori, o addirittura cacciatori? Certamente sì. E proprio per la sacralità che definisce il rapporto tra umani ed animali. Potrei citare il Vangelo, quando Gesù dice ai suoi discepoli: «Di tutto ciò che è vivo e si muove tu ti nutrirai». Ma potrei citare anche gli indiani d’America, che radicavano il quotidiano nel trascendente. Ricordate la scena della caccia all’alce nel film L’ultimo dei mohicani? Alla fine, lo uccidono.

E si raccolgono in preghiera per ringraziarlo, per il suo sacrificio, per il dono ricevuto, prima di scuoiarlo e portarlo alla tribù. Già, la caccia. Per dirla con il filosofo britannico Roger Scruton: «Non è uno sport. Prima di iniziare una caccia, è saggio chiedere a qualcuno cosa stai cercando prima di iniziare a cercarlo». Nella caccia, in cui solitamente gli umani sono accompagnati da cani o cavalli, si rinsalda un rapporto primordiale. Sacro, indipendentemente dalla religione. E una relazione più onesta di quella rinvenibile in chi si dichiara contro la caccia ma poi compra la carne al supermercato o la ordina al ristorante. Si può essere carnivori, anzi per evidenti ragioni nutritive lo si deve essere. Ma allo stesso tempo si può, anzi si deve, essere contrari agli allevamenti intensivi: orrori che fanno soffrire e violentano la dignità degli animali, talvolta persino pericolosi per la salute umana, come dimostrato dall’origine di alcune tra le peggiori epidemie della storia. Si può essere cacciatori, e contrastare lo spreco alimentare, a partire dall’infinità di carne che scade e marcisce nei supermercati per finire con quella che resta sui piatti dei nostri figli mal educati al rispetto del cibo e degli animali, tutti.
In queste righe ho dunque provato a tratteggiare la coerenza del pensiero conservatore nel rapporto tra umani ed animali, in un quadro d’insieme in cui l’ecologia non viene ridotta a postura ideologica, surrogato del peggiore materialismo socialista. Non basterà un articolo né una legge, ma da qualche parte bisognava pur cominciare.

di Nicola Procaccini
Europarlamentare Fdi.

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