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L'assurdità dei moralisti anti Musk

I maestrini del progressismo trattano Elon come un tossico decerebrato
di Daniele Capezzone domenica 1 giugno 2025

3' di lettura

Ma quindi, a mente fredda, come mai Elon Musk ha lasciato il super dipartimento pro -tagli e anti -burocrazia che era stato pensato e disegnato su misura per lui da Donald Trump, l’ormai celebre “Doge”?

Le ipotesi sono almeno sette, variamente combinate e intrecciate tra loro. Primo: 130 giorni (20 gennaio/30 maggio) era esattamente il limite legale per la sua designazione come “dipendente governativo speciale”, quindi il tempo previsto era semplicemente scaduto. Secondo: le sue aziende (Tesla in testa) hanno risentito negativamente della sua esposizione politica, e quindi legittimamente Musk adesso desidera in primo luogo pensare ai suoi affari. Terzo: Musk, come Prometeo che voleva rubare il fuoco agli dei, ha in testa imprese spaziali e satellitari ancora più incredibili di quelle che ha già realizzato, e ogni altro incarico rischia di rivelarsi una camicia troppo stretta. Quarto: in questa prospettiva (spazio, satelliti, dimensione geopolitica- geostrategica-geoeconomica), Elon sarà ancora più utile di prima a Trump, in particolare nella sfida strategica di lungo periodo con la Cina. Quinto: Musk non è rimasto contento dell’ultimo provvedimento economico di Trump, che accanto a un mega-taglio di tasse (ottimo) prevede anche ingenti spese e interventi pubblici (in evidente contraddizione con la logica del Doge). Sesto: Musk non ha mai pienamente legato con altre componenti dell’Amministrazione (non solo Vance), forse più sensibili al tema della protezione sociale. Settimo: Musk non è rimasto contento di un mega-affare incardinato negli Emirati Arabi da una serie di soggetti concorrenti (Open Ai in testa).

Qual è la spiegazione reale? Forse un cocktail di tutti e sette questi elementi, con un dosaggio tra le componenti che è conosciuto solo da due persone: Musk stesso e Trump, ovviamente. I quali – badate bene – restano comunque strettamente legati: per reciproca necessità oltre che per condivisione di molte idee. Musk sarà molto più di un consigliere (oltre che un fornitore strategico). E – parere personale di chi scrive – resta il fatto che il Presidente farebbe bene a prestare ancora più orecchio a un autentico genio da Rinascimento, bizzarro quanto si vuole, ma destinato a rimanere nella storia come e più di Trump stesso, e incomparabilmente più di ognuno degli altri membri dell’Amministrazione.

E qui si arriva al punto. Ma vi sembra normale che la stampa di mezzo mondo (Italia in prima linea) tratti Musk come una specie di tossicodipendente decerebrato? Tutto nasce da vecchie rivelazioni di Musk stesso aggravate dal New York Times, che ha insistito su un presunto sistematico (e assai vario) uso di stupefacenti.
Verrebbe da dire: e allora? Ma la stampa italiana progressista non era forse antiproibizionista? Improvvisamente l’uso personale – vero o presunto – di stupefacenti diventa un crimine o un motivo di stigma morale solo per Musk?

Peggio ancora: questo aspetto fa di lui un minus habens? Fossimo nei panni di certi censori (che parlano non si sa bene da quale pulpito), suggeriremmo cautela. Stiamo parlando dell’uomo più ricco del pianeta, di un visionario totale, di uno che – da solo – ha dieci volte più satelliti (circa 7mila) di tutta l’Europa messa insieme, di uno che con le sue società fa in una settimana i lanci nello spazio che in Ue si realizzano in un semestre o addirittura in un anno.

Trattarlo come un bambino da rieducare rischia di farci capire molto poco su di lui, e invece moltissimo su questi autonominati precettori: moralisti a casa d’altri, e immotivatamente convinti di poter spiegare – loro – il mondo a chi lo sta reinventando e trasformarlo. Avessero avuto sotto mano Leonardo da Vinci, questi fenomeni avrebbero preteso di dargli ripetizioni di matematica, anatomia, disegno, ingegneria, pittura, scultura. E nelle pause avrebbero pure ridacchiato di lui.

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