Così Trump sfida la Cina e scopre le carte dell'Ue

La battaglia dei dazi: è tornata la politica degli Stati. Per questo chi Stato non è, come l’Europa, sta un passo indietro
di Gian Luigi Paragonedomenica 15 giugno 2025
Così Trump sfida la Cina e scopre le carte dell'Ue
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E quindi non sarebbe davvero cambiato nulla nello scontro tra Usa e Cina? Solo chi ha come propria missione quella di criticare Trump a prescindere lo può davvero sostenere. La Casa Bianca, in questi mesi, ha obbligato tutti a vedere le condizioni di profondo disequilibrio create con l’ingresso della Cina nel Wto: questo è il tema politico in ballo. L’Organizzazione mondiale del commercio aprì le porte dei mercati alla Cina nel dicembre 2001, srotolando così una globalizzazione divenuta progressivamente sbilanciata a favore di Pechino, allora nella condizione di Paese povero, con una economia emergente e pertanto da incoraggiare anche con eccezioni ai parametri standard che invece valevano per gli altri e che erano più rigidi.

Quasi un quarto di secolo di libertà assoluta regalata ai presidenti cinesi e alle loro visioni (distorte) di mercato hanno man mano conferito potere e centralità alla Cina tanto da essere oggi nella posizione di poter controllare - in parole più nette: ricattare - le economie degli altri Paesi, di crearne cortocircuiti e delocalizzazioni pericolose. Tutto questo, lo ripeto, è esploso negli ultimi anni senza che il Wto modificasse le condizioni d’ingresso e senza che nessuno facesse capire la tossicità di tanto potere.

C’è voluto Trump, il quale alla sua maniera ha dovuto accentuare le spallate per portare il mondo fuori dalle sue zone comfort di dipendenza (sudditanza?) con Pechino. Mettendo i dazi e avviando una trattativa per rimodularli il presidente cerca di smontare le relazioni con Pechino e di risistemarle secondo una condizione di mera porosità: impossibile disaccoppiare le economie ma è auspicabile una riduzione di dipendenza. Non solo, l’America deve inoltre rimappare gli spazi, dall’Artico all’Oceania, dagli oceani ai cieli, perché le sfide con il Dragone si sono alzate di intensità.

La Cina è padrona delle terre rare e di quei minerali fondamentali per far girare la nuova industria tecnologica e quella “green”: se decide di bloccare le nostre economie basta che rallenta l’approvvigionamento dei pezzi fondamentali. La domanda sottintesa è: com’è successo che la Cina ha il monopolio di questi minerali e dei processi di lavorazione? Semplice perché dal Wto fu permesso alla Cina - allora come oggi di poter violare i diritti umani, i diritti dei lavoratori e i diritti di salvaguardia dell’ambiente: le terre rare sono miniere tra le più disumane ed alto impatto sull’ambiente; se non lo vediamo è perché non conviene alla Cina e non conviene alle multinazionali che senza quei minerali non possono fabbricare i loro prodotti. La Cina continua a espandersi per cercare nuove frontiere e lo fa replicando lo schema adottato in Africa: porto infrastrutture, vi collego ma vi prendo tutto. Lo sta facendo nelle isole scollegate dell’Oceania (che non è solo Australia e Nuova Zelanda): gli accordi permettono di esplorare i fondali, di “occuparli” con cavi e sottomarini, e di usare le acque territoriali con la Marina militare.

Solo l’America può contrastare tutto questo: se Trump ha dovuto giocare pesante è perché prima il Wto si era addormentato. Ora Trump, rimescolando le carte e rinegoziando, fa capire che se è vero che la Cina può mandare in tilt l’economia Usa, è altrettanto vero che Pechino ha bisogno del mercato statunitense e delle sue università. È tornata la politica degli Stati. Per questo chi Stato non è, come l’Europa, sta un passo indietro. Ma Trump la obbligherà a uscire allo scoperto: Bruxelles intenderà giocare di sponda con Xi Jinping o con Trump?