Su una panchina del resort delle Montagne Rocciose, Giorgia Meloni parla a quattr’occhi con Donald Trump. Da lì a poco il presidente statunitense lascerà la località canadese di Kananaskis per tornare a Washington, a occuparsi della situazione iraniana. È una delle poche immagini simbolo di questo summit, che passerà alla storia come il G7 che mentre si decideva il futuro del Medio Oriente è diventato un G6, privo del leader più importante.
Da palazzo Chigi fanno sapere che col capo della Casa Bianca la premier ha discusso del conflitto tra Israele e Iran, insistendo sull’«opportunità di riaprire la strada del negoziato» e sulla necessità di raggiungere il cessate il fuoco a Gaza. Anche l’argomento dei dazi, spiega una nota della presidenza del consiglio, è stato affrontato: trattare i termini di un accordo spetta alla diplomazia di Bruxelles, ma Meloni ha ribadito quanto sia importante, anche per l’unità dell’Occidente, che si raggiunga un’intesa tra Stati Uniti e Ue. Trump si è impegnato con i propri elettori a difendere il «Made in Usa» e reindustrializzare il suo Paese. Meloni e gli altri europei, quindi, sanno che non potrà presentarsi a mani vuote ai tanti impoveriti dalla globalizzazione che lo hanno votato. Impossibile tornare allo status quo ante, insomma: un danno alle esportazioni negli Usa ci sarà, l’obiettivo è renderlo minimo, e la strada potrebbe essere quella dei dazi al 10%, di cui si discute in questi giorni. Magari con qualche eccezione merceologica.
Non sarà facile, in ogni caso. A margine del G7 il presidente statunitense ne ha discusso anche con Ursula von der Leyen, e mentre era a bordo dell’Air Force One che lo riportava in patria ha detto che la Ue, «per il momento», non sta offrendo «un accordo equo». A differenza del Regno Unito di Keir Starmer, col quale, proprio in Canada, Trump ha siglato l’intesa commerciale. Un team dell’amministrazione Usa, guidato dal segretario al Tesoro Scott Bessent, è rimasto a Kananaskis, per proseguire il confronto con le delegazioni europee. È andata meglio, ma solo sotto l’aspetto formale, con la dichiarazione sulla crisi in Medio Oriente, l’unica sottoscritta da Trump insieme agli altri sei. Si era rifiutato di firmarla, ritenendo sbagliato chiedere una “de-escalation” a Israele e all’Iran nel momento in cui il primo, alleato degli Stati Uniti, sta avendo la meglio sul teatro di guerra e il regime degli ayatollah pare sul punto di cadere. Alla fine, anche grazie al pressing di Meloni sull’amico americano, l’unità dei Paesi occidentali è stata raggiunta su un testo modificato in favore di Israele.
Posto che il G7 “vero” è finito con i saluti di Trump, ieri in quel resort canadese è stata la giornata degli “outreach”, i leader dei Paesi non appartenenti al G7, invitati come ospiti. L’ucraino Volodymyr Zelensky, innanzitutto. Aveva in programma un incontro con Trump, cancellato a causa della partenza di quest’ultimo. La sessione di lavoro sulla «Ucraina forte e sovrana» si è tenuta comunque, con il segretario generale della Nato, Mark Rutte. Quindi sono arrivati i leader di Australia, Brasile, India, Corea del Sud, Messico e Sudafrica, e i dirigenti di Onu e Banca Mondiale. L’assenza di Trump ha pesato sul risultato finale: il G7 “mutilato” si è concluso senza accordo sui dazi e sull’Ucraina e con un’intesa di facciata sull’Iran, smentita dopo poche ore dallo scontro verbale tra Trump e Macron. Il sostegno che il presidente americano ha espresso per Vladimir Putin, secondo lui cacciato ingiustamente dal G8, ha reso ancora più scomoda la posizione di Zelensky, giunto fin lì per chiedere ai leader occidentali di non interrompere gli aiuti all’Ucraina. Appello raccolto comunque dal premier del Canada, Mark Carney, che ha annunciato nuove sanzioni contro la Russia e inviato a Kiev un pacchetto di forniture militari del valore di 2 miliardi di dollari canadesi (circa 1,3 miliardi di euro). Sarà la Francia a ospitare il prossimo vertice G7, nel giugno del 2026. Emmanuel Macron ha annunciato che si svolgerà a Evian-les-Bains, sulle rive del lago di Ginevra. La stessa località aveva ospitato il G8 nel 2003: fu la prima volta in cui partecipò a pieno titolo la Russia, che sarebbe stata espulsa nel 2014 dopo essersi annessa la Crimea. Un’altra epoca, un altro mondo.