Il divieto del Pride è un doppio grave errore politico da parte di Viktor Orban. Errore di principio, intanto: se si difende la libertà di parola e di manifestazione, questa regola deve valere sempre, non a targhe alterne. E anche errore tattico: perché rende meno forte l’Ungheria rispetto alle polemiche (spesso pretestuose e cariche di pregiudizio politico) che l’Ue scatena contro Budapest.
Non a caso, il centrodestra italiano questi errori non li ha mai commessi. E quindi ha le carte in regola - al contrario - per contestare alla nostra sinistra una deriva politicamente corretta francamente insopportabile: in cui anche il tema della (sacrosanta) libertà in materia sessuale, da difesa e salvaguardia della libera scelta di ogni persona in ogni ambito della vita, si è via via trasformato in una sorta di imposizione di una omologazione culturale forzata.
Chi la pensa diversamente, su certi temi, è automaticamente bollato come “fascista”, anche e soprattutto se non lo è. E qui a Libero possiamo dirlo a voce alta: lezioni sui temi della libertà personale non pretendiamo di darle, ma non abbiamo proprio bisogno di riceverle dai maestrini della sinistra. Ecco: anziché demistificare questa trappola, Orban ci è grossolanamente cascato dentro. Peggio ancora.
C’è da augurarsi che alle autorità di Budapest non passi nemmeno per l’anticamera del cervello di sfiorare uno solo dei manifestanti, inclusi i parlamentari stranieri. Non abbiamo bisogno di “martiri”, alcuni dei quali sono partiti esattamente nella speranza di un incidente politico. Se Orban farà questo regalo alla comitiva di turisti politici partiti per Budapest, si meriterà una sorta di premio-Tafazzi.
Ciò detto, resta però un sapore amaro di doppiopesismo nelle parole di molti (non tutti, a onor del vero) gli esponenti della sinistra italiana accorsi a strillare contro il leader ungherese. Lì, in trasferta, si mostrano sensibilissimi alla protesta contro una deriva poco tollerante. Bene. Ma qui in casa? Come mai non hanno detto mezza parola sul boicottaggio dei prodotti israeliani da parte di Coop Alleanza 3.0? Come mai sono rimasti muti davanti ai cartelli anti-israeliani (anzi, anti-semiti) comparsi in diverse città italiane?
E - udite udite - come mai non hanno pronunciato una sola sillaba davanti alle polemiche anti-Israele e anti-ebrei incredibilmente sorte proprio qui in Italia nell’ambito delle manifestazioni del Pride? A Napoli, come Libero vi ha già raccontato, uno degli organizzatori è stato attaccato perché “colpevole” di essere stato in Israele, peraltro l’unica nazione mediorientale dove i Pride possano essere organizzati.
A Milano Davide Romano, coraggioso rappresentante della Comunità ebraica, ha denunciato l’uso della parola “genocidio” nel documento di convocazione della manifestazione. Come può una persona di religione ebraica, o anche solo una persona convinta delle ragioni di Gerusalemme, partecipare a un evento convocato su queste basi? Ecco dunque il doppio standard. Contro Orban, i nostri dem scattano come molle. Ma rispetto ai segni di intolleranza molto più vicini a loro, fanno come le tre scimmiette: non vedono, non sentono, non parlano.