Un Premio Strega che trasloca a Cinecittà, nelle periferie romane, sarebbe piaciuto di sicuro a Pier Paolo Pasolini ma non convince invece gli Amici della Domenica. Girando tra i tavoli da salotto all’aperto di quella che potrebbe essere stata l’ultima finale al Ninfeo di Villa Giulia, i giurati del più importante premio letterario italiano non lesinano commenti per lo più amareggiati e indignati. Anche se non mancano, specie tra gli editori, enigmatici (o reticenti?) silenzi. Tra le penne basite e quelle quasi sconvolte, è pressoché un plebiscito di voci contrarie quello che si è levato di fronte all’ipotesi di trasferire la “messa cantata” della finale dello Strega negli studios di via Tuscolana.
L’idea di decentrare tutto a Cinecittà è stata ventilata e fatta circolare da fonti vicine al Ministero della Cultura proprio nelle ore in cui è andata in scena la serata più solenne per il mondo della letteratura italiana. Stefano Petrocchi, direttore della Fondazione Bellonci, ente organizzatore del premio, tra tutti, sembra essere il più possibilista e pescando nella memoria storica della manifestazione ricorda come in reatà «nel 2022 abbiamo fatto lo Strega Giovani a Cinecittà proprio perché ci piace portare il premio nelle periferie. La concessione su richiesta del luogo in cui si svolge il premio – spiega Petrocchi - si rinnova comunque di anno in anno». Come dire: il pallino della scelta annuale è in mano alla stessa Fondazione Bellonci alla quale rimanda opportunamente ogni scelta Donatella Di Pietrantonio, vincitrice dello Strega nel 2024 e quest’anno presidente della giuria. «È una scelta che spetta solo alla Fondazione che organizza il Premio dal 1947 ed è l'istituzione più titolata a decidere». Molto più netta Dacia Maraini, convinta del fatto che per cambiare serva «una ragione fondamentale, un incendio o altre cose importanti ». Questo perché il Ninfeo è divenuto luogo simbolo di incontro e confronto «di una grande comunità letteraria». Si colloca su una posizione mediana Elisabetta Rasy, finalista classificatasi al secondo posto con il suo Perduto è questo mare (Rizzoli). «Lo Strega senza polemiche non è più il Premio Strega. Come il Ninfeo anche Cinecittà è un posto bellissimo. Perché farsi concorrenza? Si potrebbe fare un po’ e un po’».
Tacciono al tavolo di Feltrinelli, editore del libro vincitore, mentre insiste con un tono fortemente satirico Emanuele Trevi, lo scrittore romano vincitore dello Strega nel 2021 che si dice addirittura esterrefatto da una scelta che sarebbe culturalmente sbagliata. «La battuta facile – ironizza l’autore di Due vite- è che a Giuli piace di più lo stile architettonico di Cinecittà....» Tornando serio, però, Trevi argomenta: «Il cinema ha sempre comprato dei libri che vanno bene, trasformandoli in qualcosa di buono per gli spettatori. Ma l'atto della lettura rimane prezioso perché il film te lo fai da solo. Ci tengo a dire, però, che l'idea di Giuli non è una cosa grave, è sbagliata culturalmente perché le due arti, e quindi anche il luogo simbolico in cui vengono celebrate, sono diverse. La lettura è più simile al sogno. Detto ciò, non raccoglierò firme contro il ministro per questa idea». Proprio Giuli è tornato ieri sulla proposta sottolineando come l’idea di spostare la serata finale del Premio Strega a Cinecittà «non è affatto un ridimensionamento di questo prestigioso riconoscimento letterario e tanto meno una ripicca verso chicchessia, ma una opportunità in quanto Cinecittà è molto più grande e più ricca di spazi». Ipotesi terza ma tutt’altro che insensata quella di Clemente Mastella, sindaco di Benevento, terra madre del Liquore Strega che, al contrario di una Cinecittà «avulsa dalla tradizione dello Strega» propone il Teatro Romano della sua come soluzione «identitaria, coerente e di prestigio». Dove peraltro già si svolge la cerimonia di proclamazione della cinquina. Tanto vale aggiungere un brindisi e chiudere tutto a casa Mastella.