Beppe Sala farebbe bene a guardarsi le spalle dal Pd. A dirlo è chi lo scotto lo ha pagato sulla propria pelle: Ignazio Marino. "Ormai mi sono convinto che la politica con cui sono cresciuto, quella delle istituzioni, dei rappresentanti eletti dal popolo, conti sempre meno. E questo perché si è creata una dipendenza - a volte un vero e proprio asservimento - al potere finanziario che indica alla classe dirigente quali sono i disegni e i progetti per il futuro di una comunità. Addirittura in alcuni casi, come negli Stati Uniti, probabilmente anche del Paese". Un assoggettamento che "condiziona la vita pubblica delle istituzioni, che non rispondono più a una visione ma a interessi finanziari di persone che non sono elette e in alcuni casi neanche conosciute". E l'inchiesta che sta travolgendo il sindaco di Milano, per l'europarlamentare eletto con Avs ne è l'esempio.
Lui stesso nel 2015, da primo cittadino di Roma, dovette fare i conti con uno scandalo legato a scontrini e multe. Scandalo per il quale i dem mandarono i consiglieri a dimettersi dal notaio, costringendolo così a lasciare il Campidoglio. Ora, intervistato dal Tempo, Marino torna a parlare del caso sostenendo che "la verità è emersa anche dalle intercettazioni tra personaggi come Buzzi e Carminati, che conoscevano bene i meccanismi politici della città, avendo fatto affari da anni anche con il Comune. Dai loro dialoghi si capisce che c’era una volontà precisa e condivisa con buona parte della classe politica, sia di destra che di sinistra, di allontanare questo Marino, perché era inavvicinabile da chi voleva proporre progetti non leciti".
Ecco allora che non manca un po' di delusione nei confronti del suo ex partito: "Secondo me purtroppo il Pd, come altri partiti, più che garantista è 'convenientista', nel senso che insegue quello che è conveniente in questo momento. La magistratura potrà dimostrare se non sono stati commessi reati, però per me è evidente che c’è un problema se una persona che si trova al vertice di un’istituzione importante, come la metropoli di Milano, o la sua giunta, segue le raccomandazioni urbanistiche indicate da costruttori e architetti invece che dalla classe dirigente". La questione però a suo dire è un'altra: "Per chi vive di politica, oggi quello che conta è conservare una propria posizione e in questo momento avvalorare uno scandalo e andare verso un appuntamento elettorale non conviene né al Pd né ai partiti di destra, perché entrambi non sono in grado di indicare un candidato. Il Pd ha rinunciato a quella norma dello statuto che prevedeva le primarie, con le quali sono convinto che un candidato anche in una situazione così difficile potrebbe essere individuato, ma mi sembra che da un lato non si voglia più lasciare la scelta al voto degli elettori e dall’altro non si sia in grado di indicare qualcuno che possa garantire, con la sua integrità morale, una possibilità di vittoria".
Da qui il consiglio a Sala: "Non conosco personalmente Elly Schlein, ma a Bruxelles tutti la descrivono come una persona seria. Quindi sembrerebbe una persona di cui ci si possa fidare, ma credo che non sia così per il corpaccione del Partito democratico, dove esistono tantissimi rappresentanti che, come abbiamo visto in Europa nel voto sul riarmo, non seguono le indicazioni della segreteria. Si è trattato di circa il 50% di coloro che hanno votato, non una percentuale insignificante. Quindi se dovessi dare un suggerimento a Sala, che non ne ha bisogno, mi concentrerei sul fatto che, da un lato, c’è una persona che immagino abbia una sua etica politica, dall’altro però ci sono talmente tanti capi corrente che bisogna vedere chi è che vince alla fine della giornata".