Matteo Ricci, dimissioni? Fregato dal Pd, ecco le carte

di Pietro Senaldilunedì 28 luglio 2025
Matteo Ricci, dimissioni? Fregato dal Pd, ecco le carte
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Matteo Ricci è in stato confusionale. C’è da capirlo. Si sognava governatore delle Marche con vista su Roma e la scalata alla segreteria, dove Elly Schlein traballa sempre più, e si trova invece a giocarsi una buona fetta di futuro politico mercoledì prossimo davanti ai pm che lo stanno indagando per concorso in corruzione. La paura è che i magistrati non abbiano messo tutto nelle carte uscite finora, che lo accusano di «aver compiuto o fatto compiere ai suoi dirigenti atti contrari ai propri doveri d’ufficio, in violazione degli obblighi di trasparenza, imparzialità e buon funzionamento della pubblica amministrazione». Si vocifera che la magistratura si sia tenuta in canna il colpo più pesante, tanto più che l’interrogatorio avverrà dopo quello di Massimiliano Santini, l’uomo di fiducia dell’ex sindaco, quello che decideva gli appalti senza gara e che è accusato di essersi intascato oltre centomila euro.

L’europarlamentare dem ansioso di tornare in provincia a fare il ras cerca di buttarla in vacca mediaticamente. Accusa il centrodestra di squadrismo e di infamarlo, ma il suo rivale nella corsa alla presidenza non abbocca. «Di Ricci non parlo, mi interessa la Regione», ha ripetuto anche ieri il governatore in carica, Francesco Acquaroli, intervistato dal direttore del Corriere Adriatico, Giancarlo Laurenzi, a Senigallia all’evento sul made in Italy organizzato da Fratelli d’Italia. «Non godiamo delle disgrazie altrui, Ricci è un problema di Pd e di M5S», ha specificato il concetto Arianna Meloni, sottraendo la maggioranza al gioco delle provocazioni e alla rissa mediatica che l’ex sindaco indagato continua a voler scatenare. Parlino i fatti e i magistrati, questa la linea del centrodestra.

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La sorella d’Italia ha centrato il punto. Sempre il Corriere Adriatico ieri ricordava che sull’aspirante governatore pende una spada di Damocle posta proprio dal suo partito. Statuto del Pd alla mano infatti, casomai vincesse, Ricci sarebbe chiamato a dimettersi nel caso, non poi del tutto improbabile, di rinvio a giudizio, costringendo le Marche a tornare al voto nel giro di dodici mesi. Un’eventualità che i dem considerano seriamente, al punto da essere tentati di modificare lo statuto per anticipare le mosse della magistratura.

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Quanto ai grillini, Giuseppe Conte ha espresso una fiducia in sospeso all’ex sindaco di Pesaro: aspetta di capire meglio che piega prenderà la vicenda giudiziaria e come andrà l’interrogatorio del 30 luglio, ma soprattutto aspetta la formalizzazione della candidatura del pentastellato Roberto Fico in Campania. Sembrava fatta, ma il caos marchigiano ha riacceso le ambizioni del governatore Vincenzo De Luca, che dopo aver acconsentito si è messo di traverso per spuntare a Elly Schlein un prezzo più alto per il suo via libera. Nel frattempo, Marco Travaglio, il giornalista che detta la linea all’ex premier, ha già fatto capire che è il caso di mollare il pesarese al suo destino con tre feroci editoriali consecutivi. Nel primo ha scritto che l’ex sindaco è il tipico politico che sprecai soldi pubblici per far carriera. Nel secondo ha sostenuto che il candidato del campo largo per le Marche si sta rivelando un peso per M5S. Nel terzo ha sentenziato che la giustificazione addotta da Ricci di non essersi mai occupato di appalti in realtà ne aggrava la posizione, essendo lui un sindaco, e quindi chiamato a farlo. Tutto ineccepibile.

E allora perché il Movimento non ha ancora rotto? Davvero è solo per far passare Fico in Campania? Le cronache politiche riportano che il partito è attraversato dai dubbi. L’ala più purista, quella che si raduna intorno alla figura dell’ex ministro, Stefano Patuanelli, da sempre molto vicino a Conte, sarebbe favorevole allo strappo. Non vuol pagar dazio ai guai dem con i magistrati. Ricci però si lavora da sei anni i grillini locali. Dopo aver sconfitto, alle Comunali del 2019, la candidata sindaca di M5S, Francesca Frenquellucci, l’ha cooptata nominandola assessore con deleghe economiche. La fiorista, come la soprannominano i nemici, è stata poi confermata nello stesso ruolo dall’attuale sindaco di Pesaro, Andrea Biancani, anche lui del Pd.

I grillini in città sono parte del sistema di potere. Lo dimostrano i due affidi diretti dal Comune di cui beneficiano due candidati di M5S alle elezioni cittadine che non sono risultati eletti. Il primo è una consulenza strategica, pagata poche migliaia di euro, sulla vendita di una scuola affidata al geometra Mattia Galeazzi. Il secondo, inserito in un bando da undici milioni di euro del governo, prevede la creazione di una piattaforma di servizio per gli imprenditori locali ma mantiene ancora i confine nebulosi. L’unica certezza a riguardo è che l’incarico, assegnato al grillino Mauro Rossi, è stato accompagnato dalla conferma alla nomina nel consiglio d’amministrazione dell’Ami, la società che si occupa dei trasporti pubblici. Sarà un travaglio non indolore per Conte e soci sfilarsi dalla congrega di Ricci, alla quale negli anni si sono attaccati come moscioli, il nome con il quale qui vengono ribattezzate le cozze.

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