Campioni di isterismo e di contraddizioni. E' Francesco Lollobrigida, ministro dell'Agricoltura e Made in Italy, a inchiodare Pd e Movimento 5 Stelle dalle pagine del Corriere della Sera. Il tema, ovviamente, è quello dei dazi con l'accordo tra Donald Trump e Ursula Von der Leyen che ha scatenato le contestazioni del centrosinistra italiano.
"È paradossale – commenta Lollobrigida – che il Pd, che ha sostenuto dall’inizio Ursula Von der Leyen, confermandole la fiducia, e dall’inizio ha detto che la trattativa la doveva fare l’Ue, adesso stigmatizzi l’accordo che lei ha concluso come il peggiore possibile". Secondo la sinistra, la premier Giorgia Meloni sarebbe addirittura colpevole di aver "svenduto" l'Italia alla Casa Bianca. "Una lettura ridicola di una sinistra isterica che non sa cosa dire. La premier ha lavorato e sta lavorando perché l’Europa non continui a farsi del male da sola. Quello che conta per noi è solo il giudizio di imprenditori e cittadini", sottolinea Lollobrigida, che ricorda a dem, grillini e compagni vari come la trattativa sia competenza esclusiva di Bruxelles. "Adesso siamo diventati il governo più influente di Europa e la Francia ininfluente sulle scelte? Ne prendiamo atto", ironizza l'esponente di Fratelli d'Italia.
"Per un Paese esportatore come il nostro i dazi sono sempre un problema, ma da una prima analisi l'impatto per alcuni settori potrebbe non essere drammatico. Per diverse ragioni", spiega Lollobrigida entrando poi nel merito della questione. "Intanto alcuni prodotti nostri non sono replicabili negli Stati Uniti - prosegue - pensiamo all'olio d'oliva, che importiamo per il 95%, o al pecorino, che lì non sanno fare. A prescindere dal prezzo, dovranno continuare a importare certi beni dai Paesi in grado di produrli. Probabile che gran parte dei dazi non saranno pagati dai produttori italiani, ma verranno spalmati sull'intera filiera, che per la maggior parte dei prodotti, per valore, è negli Stati Uniti".
Secondo Lollobrigida "alcuni prodotti potrebbero mantenere inalterati i dazi precedenti all'aumento fatto da Trump nell'aprile scorso. Il Parmigiano, ad esempio dal 15%, che paga dal 1964, era schizzato al 25%. Se i dazi fossero al 15% 'flat' per i produttori di Parmigiano sarebbe un risultato eccezionale. Ma anche sul resto dei formaggi e sugli aceti il 15% sembra potenzialmente assorbibile senza influenzare in modo negativo il nostro export".
"Il vino è quello che preoccupa di più. Ma su questo sembra che ci sia ancora la possibilità di rivedere la trattativa - osserva il ministro - Lunedì 4 agosto a Palazzo Chigi abbiamo convocato una riunione del sistema produttivo per affrontare la questione vino, non solo legata ai dazi ma anche a una strategia complessiva". "Non voglio essere ottimista a tutti i costi, ma nemmeno catastrofista come chi lo sta facendo in queste ore in modo del tutto strumentale".