Sono giorni e giorni che il Movimento Cinquestelle se ne sta bello bello appollaiato sul piedistallo morale a bacchettare quelli che prima erano i campioni della questione morale, ossia il Pd. Giuseppe Conte si diverte ad attribuire patenti di legittimità a questo o a quel candidato: Matteo Ricci va bene, ma se poi esce che sapeva allora non andrà bene più e inviteremo a non votarlo; Beppe Sala invece dovrebbe dimettersi senza perdere altro tempo. Vedremo poi cosa accadrà per le elezioni in Toscana, in Puglia e in Calabria. Quanto alla Campania la partita è diversa, perché la casella - in questa spartizione di candidature - dovrebbe toccare proprio agli ex grillini, in particolar modo a un signore che, del grillismo doc, aveva il pedigree perfetto. Poi, si sa, i tempi cambiano e anche le persone si adeguano. Anche Conte si deve adeguare, il piglio censorio deve smussarsi e la lingua va tenuta a freno, poiché quell’altro - da cui dipende tutto ha la lingua più biforcuta, la battuta più fulminea e un pelo sullo stomaco bello spesso. Quell’altro è Vincenzo De Luca e senza il suo via libera la candidatura di Fico a presidente della Regione salta.
I bene informati la danno per fatta. Già, ma a che prezzo? A qualsiasi prezzo. Il capolinea del moralismo pentastellato è a Palazzo Santa Lucia, la spocchia grillina finisce davanti la porta della segreteria del Presidente, il piglio da gagà di Giuseppi frana al cospetto di De Luca. Il quale non smette di ricordare che la Regione Campania l’ha tirata avanti lui, alla sua maniera e contro tutti, specie contro il M5S. «Per la Campania non ho ancora visto sulla scena nomi di persone adeguate per capacità, per esperienza e per competenza, a ricoprire i ruoli per i quali vengono ipotizzati (...) Qual è la regione dove c’è il presidente che ha avuto più voti in Italia insieme con Zaia? Qual è la regione nella quale i Cinquestelle sono stati all’opposizione per 10 anni e non hanno fatto nulla? Qual è la regione che offriamo ai 5Stelle? La risposta è la Campania».
Un maestro di retorica. E di trattative. Arriviamo al bacio contiano della pantofola di De Luca e a quel che i “moralisti” Cinquestelle oscurano e tacciono pur di avere la guida della Campania. De Luca sta mercanteggiando col Pd un posto di potere per il figlio Piero come segretario regionale, posti di comando in giunta per gli uomini vicini al governatore e la poltrona di presidente del Consiglio regionale per lui medesimo. Eapoli, e se la giocano i deluchiani e i manfrediani alla presenza del commissario Misiani. I “manfrediani” sono gli uomini di Gaetano Manfredi, il facilitatore della trattativa con Conte e Fico. Manfredi era stato ministro del Conte II e ha ottimi rapporti con l’ex presidente della Camera. All’attuale sindaco di Napoli l’idea di avere Roberto Fico presidente di Regione sarebbe la quadratura del cerchio: spianerebbe i rapporti tra la città e la Regione, consoliderebbe il campo largo e farebbe della Campania un laboratorio politico. Chi però sabota tutto questo è appunto De Luca, oppositore fiero dei Cinquestelle e tenace difensore di un potere che - lo sa bene - fuori dalle caselle di comando si scioglierebbe. Ecco perché non mollerà di un centimetro ed è disponibile a fare saltare tutto all’insegna del “muoia Sansone con tutti i Filistei”. E Conte? Abbozza. Ovviamente il Pd è talmente messo male che non può nemmeno dire davanti alle telecamere quel che dice nelle stanze con le porte chiuse: «Come si permette Conte di parlare di Ricci o di Sala quando a Napoli, per il suo Fico, sta accettando il metodo De Luca contro di noi?». Già, il capolinea del moralismo Cinquestelle termina davvero a Napoli dove Conte fa da palo mentre De Luca e Manfredi trattano. Sulle poltrone.