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Matteo Ricci, i voti del M5s? Cosa promette pur di averli

di Pietro Senaldi domenica 24 agosto 2025

5' di lettura

Matteo Ricci è il capostipite dell’alleanza; il primo ad aver partorito il mostro di governo giallorosso, quando ancora l’inciucio tra Matteo Renzi e Luigi Di Maio per mantenere Giuseppe Conte a Palazzo Chigi e negare le urne al Paese doveva compiersi. A Pesaro diventò sindaco sconfiggendo la candidata di Cinque Stelle, Francesca Frenquellucci, capogruppo di M5S in Consiglio Comunale, e subito la ingaggiò nominandola assessore all’Innovazione con deleghe sulle attività economiche. La Procura sta indagando sulle gesta di quella amministrazione, la cui guida, sospettata di concorso in corruzione è ora anche il candidato del campo largo alla presidenza della Regione. Proprio l’inchiesta stava per far saltare l’intesa elettorale. Il guru di Conte, che è Marco Travaglio e non Beppe Grillo, aveva dato l’ordine di scaricare Ricci.

Il leader pentastellato però ha disobbedito: non voleva prendersi la responsabilità di una, a quel punto probabilissima, sconfitta elettorale del centrosinistra. Soprattutto, l’avvocato del popolo, che eccelle per lo più nella tutela di sé stesso, ha colto al volo l’occasione per imporre anche nelle Marche la sua legge. Nella terra amministrata dal fratello d’Italia Francesco Acquaroli, i pentastellati non vanno forte da un pezzo sotto il 10% alle ultime Europee e Regionali, intorno al 13%, quindi sotto il dato nazionale, alle Politiche del 2022. Tuttavia, giocando sull’ortodossia di Elly Schlein, pronta a ogni compromesso Continua l’inchiesta, a cura di Pietro Senaldi, sul ritorno delle ricette che i grillini vogliono introdurre alle regionali dopo averlo fatto quando erano al pur di poter dire che il campo largo si è presentato compatto in tutte le Regioni, Conte ha dettato ai dem le condizioni dell’intesa, quasi fosse lui il leader del partito più forte.

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Prima condizione, l’umiliazione di Ricci, costretto a firmare da indagato e potenziale rinviato a giudizio, un protocollo d’intesa sulla legalità e la giustizia in tre punti. Primo: la creazione di una task force anti-corruzione, sottoscritto da un candidato sospettato dai pm di concorso in corruzione. Secondo: adozione di un codice di legalità finalizzato a garantire un controllo più efficace del sistema degli affidamenti diretti, sottoscritto da un cangoverno. In molte Regioni, infatti, la coalizione di centrosinistra è egemonizzata da M5S. Ieri abbiamo parlato del caso Toscana, oggi ci concentriamo sulle vicissitudini pentastellate marchigiane collegate, a doppio filo, a quelle del candidato dem Matteo Ricci. didato sospettato di essere la mente dello scandalo affidopoli. Terzo: istituzione di un codice etico vincolante, ma che non prevede le dimissioni degli amministratori rinviati a giudizio.

Con la firma del protocollo, Ricci ha infilato la propria testa nel cappio di Conte, che può decidere di stringerlo a ogni minimo passo avanti dell’inchiesta, scenario da non escludere. Mala dottrina manettara di M5S non è stato il solo boccone amaro che il Pd ha dovuto deglutire nelle Marche. Ci sono le follie ambientaliste, come il no al nuovo termovalorizzatore. Quando era solo un sindaco dem desideroso di fare carriera, Ricci si è precipitato a Roma a battezzare quello del suo collega, Roberto Gualtieri, contestato dai grillini. Oggi nel suo programma di governo l’unico capitolo chiaro è l’opposizione all’impianto che smaltisce i rifiuti. Un cambio di registro immediatamente utilizzato da Carlo Calenda per staccarsi dall’alleanza nelle Marche. Nella regione il leader di Azione era alle prese con mezzo partito già schierato con Acquaroli. La vicenda del termovalorizzatore gli ha consentito di sfilarsi dalla tenaglia giallorossa e dare ai suoi libertà di coscienza, evitando che la spaccatura si palesasse.

Detto, fatto: una buona parte degli esponenti calendiani sono nella lista “Marchigiani per Acquaroli”, che sostiene il presidente di Fdi. Matteo Renzi è rimasto invece fedele al suo accordo con Schlein, che prevede che debba far buon viso a cattivo Conte, ma Italia Viva non lo ha seguito in blocco: tra i marchigiani per Acquaroli ci sono anche parecchi renziani. Risultato: tra follie verdi e peripezie giudiziarie, nelle Marche l’asse Pd-M5S ha mandato in fuga i moderati e il sogno del campo largo si è infranto. È un messaggio da non sottovalutare per i dem: gli elettori, ma anche i politici centristi non sono pronti a tutto pur di far vincere la sinistra; e se proprio puntano alla stanza dei bottoni, molti preferiscono saltare dall’altra parte.

C’è poi il sostegno ai bisognosi, una voce generica del programma giallorosso nella quale può entrare di tutto. Alla presentazione delle liste grilline il candidato Ricci ha annunciato l’introduzione del salario minimo. Una giunta regionale però non può fare quello che non è nel potere neppure del governo, ovverosia stabilire gli stipendi del settore privato. L’annuncio è pertanto propaganda, dichiarazione d’intenti. Non è certo questo intendimento che preoccupa comunque, quanto piuttosto il fatto che esso potrebbe essere il primo passo per introdurre nelle Marche il reddito di cittadinanza regionale, già punto qualificante dell’alleanza giallorossa in Toscana, Campania e Calabria. I grillini già premono in tal senso.

Ma il pezzo forte è la sanità, che occupa metà del programma: l’amministrazione di centrodestra marchigiana è la sola, con quella lombarda, a non avere i conti in rosso; senza avere aumentato le tasse, come invece hanno fatto ripetutamente Emilia-Romagna e Umbria. Ricci ora, per compiacere M5S, smantella tutte le decisioni di Luca Ceriscioli, il presidente al quale i dem impedirono di ricandidarsi cinque anni fa. La sinistra sempre più grillina promette una serie di interventi senza specificare dove trova i soldi. Il candidato parla di riapertura degli ospedali di prossimità, creazione di punti salute, farmacie dei servizi in grado di fornire prestazioni di telemedicina.

Tuttavia quel che lui promette, sfasciando i conti, l’attuale giunta, che ha inaugurato cinquanta punti salute e reso operativi cinque ospedali, sta già facendo, mantenendoli in ordine. Certo, il punto dolente restano le liste d’attesa, fa notare la sinistra; ma oggi le Marche fanno il 15% di visite in più rispetto a quando governava il Pd. Dulcis in fondo, lo sguardo verso il mondo, anticipo di quello che potrebbe la politica estera di un futuro governo giallorosso. Ricci ha annunciato che il primo atto della sua giunta sarà il riconoscimento dello Stato di Palestina, in piena armonia con Schlein e Conte. Più interessanti sarebbero le esternazioni sulla guerra in Ucraina, così si potrebbe capire se M5S ha anche il potere di far diventare putiniana la sinistra marchigiana.

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