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Gentiloni si reinventa editorialista fra ovvietà, antitrumpismo e zero proposte

L'ex premier su "Repubblica" sostiene che la trattativa di pace tra Russia e Ucraina sta andando piuttosto male
di Daniele Capezzone martedì 26 agosto 2025

Paolo Gentiloni

3' di lettura

Sostiene Paolo Gentiloni su Repubblica - sintetizzo con parole mie - che la trattativa di pace tra Russia e Ucraina stia andando piuttosto male. Ce n’eravamo accorti da soli, direte giustamente voi. Sostiene ancora Gentiloni che Vladimir Putin abbia ricavato un gran vantaggio di immagine dal recente summit di Anchorage. E - di nuovo non occorreva un genio per constatarlo. Peraltro, non si ricordano circostanze passate in cui Gentiloni, nella sua vita precedente di ministro, di premier e di commissario europeo, abbia rifilato due sganassoni al presidente russo né ad altri autocrati.

Sostiene infine Gentiloni (continuo a riassumere liberamente, ma non infedelmente) che lo stato attuale delle relazioni transatlantiche non sia brillante, e - parole sue che verso Trump non servano “arti adulatorie”. E pure qui non si capisce bene cosa si attendesse l’editorialista di Rep: forse che qualcuno dei leader europei, l’altra settimana alla Casa Bianca, desse un paio di schiaffi a Trump o lo sculacciasse in mondovisione? Insomma, siamo al solito antitrumpismo prêt-à-porter.

E già potremmo chiuderla qui, nel senso che, davanti a partite geopolitiche di eccezionale difficoltà, di tutto si sente il bisogno tranne che di meri “descrittori” di problemi. Servirebbero - se non soluzioni - per lo meno idee, percorsi, qualcosa di diverso dalla pura enunciazione delle difficoltà esistenti. Per fotografare i guai del presente, siamo buoni tutti. E allora ecco le cinque cose che proprio non tornano nell’omelia gentiloniana.

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Primo. Se Trump è il “cattivo” della situazione, come mai quelli “bravi e buoni”, da Biden a Macron, non sono riusciti a combinare niente per tre lunghi anni? Non è molto serio mettere sul conto di Trump un problema sorto quando lui non era presidente e che gli altri leader non sono riusciti a risolvere. Secondo. Quale sarebbe l’alternativa proposta da Gentiloni? Non esiste, se non il solito vuoto mantra “ci vuole più Europa” che si desume dalla frasetta finale del commento su Rep: «All’Europa servono coraggio, unità e forza». Ah sì? E per fare cosa? Per divergere dagli Usa? Terzo. Chiunque abbia un minimo di senso della realtà sa che, se speriamo di no ma ci sono seri motivi per temerlo- la trattativa si arenerà e verrà il tempo il toni più duri verso Mosca, sarà sempre e solo Trump a poter giocare carte più aggressive, nella forma di dazi e sanzioni. Quarto. È proprio concettualmente sbagliato trasformare ogni dossier (economia, Ucraina, Medio Oriente) in un punto di divisione tra paesi europei e Stati Uniti. Chi lo fa rende un pessimo servizio in primo luogo all’Ucraina, che ha bisogno di un fronte transatlantico unito.

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Senza gli Stati Uniti, cosa possono offrire gli europei anche nello scenario peggiore? Zero satelliti, zero copertura aerea, truppe scarse, munizioni scarsissime. Quinto. Gentiloni non è un passante, e non solo per i suoi rilevantissimi incarichi passati, che dovrebbero renderlo per lo meno più cauto nel giudicare i governanti di oggi, ma anche per il suo presente di esponente del Pd e della sinistra. Ecco, di grazia: perché Gentiloni non ci intrattiene su cosa farebbe l’Italia se nel Consiglio dei Ministri sedessero la presidente Schlein, il ministro degli Esteri Bonelli, il ministro della Difesa Fratoianni, il ministro degli Affari europei Magi e il ministro dell’Economia Conte? Sarebbe uno spettacolo: che tipo di spettacolo, ciascuno può agevolmente immaginarlo. 

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