La voce è quella dei tempi migliori: baritonale, rotonda, decisa. Il tono è tranquillo, si potrebbe azzardare sereno.
«Ma chi dice che sono guarito rischia di portarmi un po’ scalogna, però...».
Come sta, presidente?
«Ho appena fatto una Pet e sono risultato pulito: non ho più cellule tumorali nel corpo. Sto però continuando la terapia immunologica ed è noto che in casi come il mio servono anni prima di potersi dire davvero fuori. Nel frattempo oggi esco in barca, come spesso la domenica se gli impegni me lo consentono».
Silvia Salis, la regina delle tasse: Imu, Tari e autobus
«Ridatemi il martello. Che cosa ne vuoi fare? Lo voglio dare in testa ai contribuenti genovesi». Silvia Sali...Lei si è curato lavorando...
«Ho scoperto il tumore il 28 maggio 2024 e mi sono operato il 3 giugno. Ho finito la radioterapia in agosto, all’inizio della campagna elettorale».
È stato il momento più difficile?
«Unisci l’incertezza degli sviluppi della malattia con quella dell’esito del voto. In più pativo gli effetti della radioterapia, che ti debilita. La cosa più fastidiosa però era la totale assenza del gusto: mangiavo e tutto il cibo sembrava di cartone, per di più amaro».
Marco Bucci non è uomo da resa. Un anno fa, quando una telefonata di Giorgia Meloni lo convinse a scendere in campo, da civil servant come si è sempre ritenuto decise di affrontare in un unico slancio la malattia e la sfida del governo della Liguria. «Mancavano dieci giorni al voto», ricorda il presidente, «ed ero in un frantoio vicino a Imperia. Come da tradizione, mi posero una fetta di pane bagnata dall’olio per assaggiare il prodotto. Fu la prima volta, dopo settimane, che avvertì il sapore e subito pensai: andrà bene anche in politica». Oggi è già tempo di mezzi bilanci.
Il centrodestra venne accusato di immolarla, di pensare cinicamente al proprio interesse elettorale ignorando le sue fatiche e le sue possibili difficoltà ad amministrare in caso di vittoria...
«Ci fu un candidato che disse che votare me significava votare uno che l’anno dopo sarebbe già stato morto. Bene, sono qui, lieto di averlo smentito».
Le hanno fatto male certe considerazioni?
«Certo non mi hanno fatto piacere. Sono cose da bassa campagna elettorale, ma ci ho fatto il callo. Sono abituato alle falsità della politica; soprattutto a quelle della sinistra, che si inventa di tutto. Fortuna che ho la pelle spessa».
Una bella rivincita oggi coni gufi, presidente?
«Il lavoro mi ha molto aiutato ad affrontare la malattia. Ti dà energia, ti dà uno scopo, tiene lontani i cattivi pensieri. E poi le terapia monoclonali aumentano le difese del corpo e in un certo senso ti rinvigoriscono. Oggi mi sento meglio perfino di come stavo prima della malattia».
Ne ha avuti tanti di pensieri negativi in questo anno, presidente?
«Sì certo, non sarebbe potuto essere diversamente. In montagna, da gente come Walter Bonatti, ho imparato che non avere paura è da incoscienti ma che a farti vincere è il coraggio».
Lei si è curato in Liguria...
«All’Ospedale Galliera, in centro a Genova, a cinquecento metri da casa mia, dove sono nato e dove il 15 dicembre mia figlia partorirà il mio primo nipote. Gli amministratori pubblici devono utilizzare le strutture pubbliche, altrimenti che messaggio danno alla popolazione?».
La sanità è il tema con il quale le sinistre cercano di mettere in difficoltà il governo. È davvero in condizioni critiche?
«Nella sanità più soldi ci sono meglio è, però si rischia di sprecare un sacco di quattrini senza avere risultati e qualcosa si può fare in fretta. In un anno in Liguria abbiamo ridotto dal 60 al 9,5% le liste d’attesa delle visite urgenti, da farsi entro dieci giorni».
Come ha fatto?
«Ho aumentato il numero di slot a disposizione per le visite. Poi bisogna lavorare con la medicina generale sulle prescrizioni. La Liguria aveva il 20% di appuntamenti prenotati a cui il paziente non si presentava. Abbiamo introdotto il pagamento anticipato del ticket e si sono ridotte al 4%. E poi mi lasci dire: per guarire i mali del servizio sanitario nazionale serve l’autonomia delle Regioni».
La sinistra dice il contrario e i governatori del Sud non condividono...
«Abbiamo detto poco fa che la sinistra dice un po’ troppe balle. Quanto ai miei colleghi dubbiosi, voglio rassicurarli. L’autonomia è il contrario di quel che si pensa: non significa staccarsi da Roma ma aiutare Roma a fare il suo lavoro. Io ho firmato tutte le richieste del ministro Calderoli: chiedo l’autonomia, mi prendo i rischi e garantisco i livelli essenziali di prestazione, senza chiedere un euro in più né sottrarlo agli altri. Se arrivano più soldi dal governo, li prendo; altrimenti me li vado a cercare in giro. Non è facile, ma c’è gente disposta a investire».
Che consiglio dà ai sette governatori di Regione che verranno fuori da questa imminente tornata elettorale?
«Parlare con i ministri, dire la verità e lasciar perdere le cose inutili. Bisogna chiedere le risorse su progetti concreti e realizzabili. Non ha senso, come ho visto fare, difendere a oltranza idee vaghe per avere soldi in più».
Quando lei era sindaco di Genova e Giovanni Toti governatore della Liguria il territorio aveva un progetto molto ambizioso di rilancio. Cosa ne è rimasto?
«Lavoro bene con chi ha preso il mio posto, la sindaca Silvia Salis. Il progetto di crescita della Liguria non è cambiato. Sono arrivati 18 miliardi. Certo c’è qualche infrastruttura cittadina, penso allo Skymetro della Val Bisagno, che è rimasta indietro. Il progetto della Funicolare è stato rimesso in discussione. Colpa dei signori del No, che ancora progettano per la città una decrescita felice».
Sono una palla al piede per la sindaca? «Questo non posso dirlo, tuttalpiù posso pensare che il sindaco si senta vincolato.
Senz’altro in Comune oggi quella sinistra blocca-tutto ha un peso maggiore rispetto ai miei tempi. Ma cosa si può dire? I genovesi hanno votato quegli altri...».
E Giovanni Toti?
«Lui è di casa in Liguria. Lo sento spesso. La prossima settimana sono in piazzetta con lui a Portofino per un evento nel quale mi intervisterà».