La situazione è grave ma non seria, avrebbe chiosato il grande Ennio Flaiano. Il quale – per evidenti ragioni – ai suoi tempi non poteva sapere che l’Italia avrebbe avuto per due volte come Presidente del Consiglio l’avvocato del popolo Giuseppe Conte. E che ha fatto ieri l’uomo della pochette? Tenetevi forte. Ha minacciato Israele: «Non devono torcere neanche un capello ai nostri rappresentanti». Immaginatevi l’ansia di Netanyahu e la preoccupazione di Idf per il parlamentare grillino Marco Croatti e gli altri zatteranti italiani. Ma lasciamo perdere.
Semmai, all’inizio di una settimana delicatissima, che vedrà sabato manifestazioni a fortissimo rischio di violenza nelle nostre città, resta una domanda politicamente pesante: alla fine della fiera, come mai Elly Schlein e lo stesso Conte, con i loro sodali Bonelli & Fratoianni, non hanno voluto-potuto-saputo fermare nemmeno la componente italiana della Flotilla, e anzi non hanno neppure mostrato in modo convincente di voler persuadere i loro quattro imbarcati a scendere dal canotto?
Stavolta neanche le parole del Capo dello Stato, a cui di solito la sinistra si inchina fino a spezzarsi la schiena, sono state in grado di produrre un ripensamento. Al di là di omaggi rituali e un po’ ipocriti verso il Colle, i tre partiti si sono trincerati dietro un pilatesco “non decidiamo noi” e hanno deciso di lasciare che le cose avessero (e abbiano nei prossimi giorni) il loro corso inevitabile: l’incidente, l’arresto degli zatteranti, o una sorte ancora meno simpatica.
Cosa ha giocato, dunque? Intanto, di sicuro, la propensione a una cinica speculazione politica del tipo “tanto peggio, tanto meglio”. Ci sarà un “caso”? Si arriverà a un grande scontro con la Marina israeliana? Bene! Così - dev’essere stato il ragionamento dei capetti progressisti - potremo inscenare una chiassata in Parlamento e nelle piazze, e cercare di scaricare le responsabilità sul governo Meloni.
Questo è certamente un fattore, ma forse c’è di più. Per ricorrere a un’acuta categorizzazione immaginata dal politologo Luigi Di Gregorio, c’è però anche qualcos’altro, una tendenza in corso da anni e che ora si sta spettacolarmente realizzando sotto i nostri occhi: Schlein, Conte, Bonelli, Fratoianni non sono leader ma follower. Alla lettera, seguono e inseguono un’onda. Sono surfisti che pensano di cavalcarla, ma in realtà ne vengono passivamente guidati. Percepiscono che una ventata di conformismo spira in una certa direzione e si mettono in scia senza nessuna capacità critica, e meno che mai di guida di alcunché. Si sono “posizionati” come un prodotto sullo scaffale di un supermercato. E ritengono di rendersi riconoscibili rimanendo lì, ridotti a oggetto (altro che soggetto) di iniziativa politica.
E allora chi è il soggetto? Chi è che decide? Bella domanda, con più risposte possibili, o - se vogliamo - con risposte che si collocano a più livelli. Decide il caso, per certi versi. Oppure decide l’imprevedibile e mutevole andamento dell’emozione dell’opinione pubblica, che potrebbe (ed è anche troppo tardi) scocciarsi dei ricattucci degli zatteranti come delle piazze violente qui in Italia. E decidono soprattutto le forze che hanno voluto, organizzato e pagato la Flotilla. E chi sono? Non abbiamo certezze al riguardo, ovviamente. Ma un’idea ce l’abbiamo, e non è affatto rassicurante.