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Pur di attaccare il piano di Trump per la tregua i vescovi rinnegano il Papa

Il piano di pace proposto dall’amministrazione Trump tocca accettarlo, perché l’ha detto Sua Santità Leone XIV e sul quotidiano dei vescovi italiani non sono (ancora?) arrivati a mettere in discussione il dogma dell’infallibilità papale
di Giovanni Sallusti sabato 4 ottobre 2025

3' di lettura

Il piano di pace proposto dall’amministrazione Trump tocca accettarlo, perché l’ha detto Sua Santità Leone XIV e sul quotidiano dei vescovi italiani non sono (ancora?) arrivati a mettere in discussione il dogma dell’infallibilità papale. Ma ad Avvenire, questo Avvenire “zuppiano” sempre più indistinguibile dal Manifesto (se non per un’efficacia nettamente minore nella titolazione) non si perdono d’animo. La linea diventa: accettiamolo perché “è necessario”, anche se fa schifo, e chi lo propone fa ancora più schifo (perdonerete la semplificazione rustica, ma a volte bisogna parlar chiaro, a volte il nostro dire dev’essere “sì, sì; no, no”, ci par di ricordare). Il compito è affidato, tramite editoriale di prima pagina di giovedì, a Riccardo Redaelli, professore di Storia e Istituzioni dell’Asia alla Cattolica di Milano. Il quale pronti via si avventura in un paragone storicamente (troppo) baldanzoso: come nel 1941 Churchill accettò di allearsi col “Diavolo” Stalin di fronte all’invasione nazista dell’Unione Sovietica, “oggi dovremmo avere lo stesso spirito nel giudicare la proposta di pace fatta da Donald Trump”.

Il macellaio bolscevico responsabile di 20 milioni di morti come il presidente della più grande democrazia liberale del globo: da qui è tutta discesa, a capofitto verso il non-senso. Anzitutto, c’è il problema che “la stessa Autorità Nazionale Palestinese viene del tutto ignorata e bypassata”. “Un vulnus grave”. Ma inesistente: il punto 19 del piano trumpiano prevede espressamente che ”mano a mano che la riqualificazione di Gaza avanzerà” e “quando il programma di riforme dell’Anp sarà portato a termine”, ci saranno finalmente “le condizioni per un percorso credibile verso l’autodeterminazione e lo Stato palestinese”. Certo, alla testata della Cei non piace il Comitato Internazionale “dal sapore vetero-coloniale” che gestirà la ricostruzione, ma potrebbe persino darsi il caso che alle orecchie di chi dalla Striscia ha visto riaffacciarsi lo spettro del pogrom suoni come una garanzia. Del resto, Redaelli lamenta espressamente «un piano di pace così sbilanciato a favore di Israele» che, udite udite, «chiede di fatto la resa incondizionata di Hamas». Sì, pare proprio che per avere pace in Medio Oriente occorra la smobilitazione di un club di galantuomini nazi-islamisti che ha per ragione sociale la cancellazione dello Stato degli ebrei. Ma prendiamo tempo, suggerisce Avvenire, incassiamo l’obbrobrio presentato dall’orco col toupè per cambiarglielo sotto il naso, “tramite un processo progressivo e incrementale di miglioramento e di coinvolgimento anche della componente palestinese”.

Da quelle parti sul processo di pace sono un po’ più tiepidi di tutti quelli Stati arabi e musulmani (parliamo di realtà come il Qatar e la Turchia, non esattamente accusabili di filo-sionismo) che stanno premendo su Hamas perché accetti. Con iperbole tragicamente ironica si potrebbe dire che l’organo dei vescovi riprende piuttosto le posizioni dell’ala “moderata” del Movimento di Resistenza Islamico, quella in esilio nell’emirato qatariota che starebbe valutando, appunto, di firmare la proposta americana previa qualche miglioria. Mala questione è tremendamente seria, l’ha sezionata l’altroieri Antonio Socci su Libero, e riguarda “la confusione che c’è nella Chiesa cattolica” e nei suoi media di riferimento. Una confusione ideologica e comunicativa che su Avvenire ha visto in poche settimane “censurato” due volte lo stesso Papa: quando ha affermato che non si può brandire la parola “genocidio” contro Israele, e quando appunto ha sostenuto dichiaratamente il piano di Trump. “Sia il vostro dire sì, sì; no, no”, ma non esageriamo, ogni tanto forse è meglio.

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donald trump

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