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I compagni nemmeno provano a esultare per la pace a Gaza: imbarazzo o malafede?

Anche ai più distratti non saranno sfuggite lo sconcerto e l'impasse politica e comunicativa del fronte progressista: il cessate il fuoco accolto quasi con delusione...
di Daniele Capezzone lunedì 13 ottobre 2025

2' di lettura

Anche ai più distratti non possono essere sfuggiti l’imbarazzo, la sensazione di sconcerto, la chiarissima situazione di impasse politica e comunicativa della sinistra dopo l’annuncio della tregua a Gaza.

Chi si è rifugiato nell’afasia; chi si è limitato a dirsi vagamente «sollevato» (ma senza entrare nel merito di ciò che era successo per merito di Donald Trump); chi si è avventurato in spiegazioni risibili (rivendicando inesistenti meriti delle piazze e perfino della Flotilla: ipotesi francamente surreali); chi infine ha continuato a dare supporto all’inspiegabile e insensato pulviscolo di manifestazioni che sono rimaste convocate anche dopo la notizia della pace. Fino a quanto di incredibile e inaccettabile sta per accadere domani a Udine, con i soliti noti pronti al boicottaggio violento della partita di calcio tra Italia e Israele.

Ma anche lasciando da parte gli estremisti, di tutta evidenza tra i nostri progressisti non c’è nessun festeggiamento: semmai si vedono in tv musi lunghi e visi tirati. Non si festeggia la liberazione degli ostaggi israeliani (che a onor del vero moltissimi avevano per due anni trascurato di sollecitare), e non si celebra nemmeno la fine delle sofferenze dei civili palestinesi, per cui a sinistra si dichiaravano tremendamente in pena.

Ora, capisco che le quattro parole «Trump ha avuto ragione» siano difficili da pronunciare per alcuni, ma da adesso ai prossimi mesi - pena il silenzio su un tema decisivo- la sinistra dovrà pur assumere una posizione sul dopoguerra a Gaza, sulla ricostruzione, e- più complessivamente - su una prospettiva in Medio Oriente che ha finalmente almeno una chance di farsi più luminosa.

È infatti possibile una sorta di rilancio dell’idea che stava alla base degli Accordi di Abramo e che ora potrebbe realizzarsi su scala molto maggiore di quanto fosse riuscito a Trump durante il suo primo mandato. Tra l’altro il pogrom del 7 ottobre, oltre a provocare la strage che sappiamo, aveva proprio l’obiettivo di sabotare l’intesa tra israeliani e un pezzo di mondo arabo. Adesso invece quella speranza torna in forma ancora più matura e più estesa.

Di più: Trump potrà riuscirci o no, ma il suo sforzo nelle prossime settimane sarà quello di far valere questo successo diplomatico anche su altri versanti, dalla guerra tra Russia e Ucraina (dove gli Usa non hanno affatto mollato Kiev come troppi sostenevano) alla contesa di lungo periodo - insieme strategica ed economica - con la Cina.

Davanti a questo passaggio storico - c’è da chiedersi la linea della sinistra consisterà solo nello stare alla finestra sperando che le cose vadano male? Sarebbe davvero una piccola e povera posizione.

Compagni, non costringeteci a pensar male. Non costringeteci a credere che per voi “pace” fosse solo la parola in codice per gridare contro Israele, l’America e l’Occidente. Non costringeteci a concludere che le vostre chiassate fossero volte a creare un clima irrespirabile per il governo italiano. Provate a convincerci che non fosse e non sia ancora così.

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