Lui, Chiara e il salto nel buio. Cosa accade al Movimento Cinquestelle, che futuro avrà il non-partito diventato partito come gli altri, faide comprese? Alle amministrative non ne imbrocca una, ma pure a livello nazionale le percentuali non sono più quelle di una volta. Dai fasti del Vaffa al 4,3% delle recenti elezioni in Toscana e al 5,8 delle Marche sembra passato uno tsunami: allora dal palco Beppe Grillo urlava contro tutti con la sua chioma spettinata e gli occhi spalancati sulla folla adorante di anticasta assetati di vendetta; dopo il boom delle Politiche del 2018 (32%) e l’addio di Casaleggio sono cominciate le tensioni e la classe dirigente improvvisata pescata dal voto on line ha mostrato tutta la sua debolezza.
Con Giuseppe Conte il Movimento ha cambiato faccia e anche giacca: via le maglie informi e il look disordinato della prima ora, dentro la pochette del premier giallorosso con il capello curato. Ma look a parte, in mezzo c’è stata tutta una rivoluzione, un travaglio interno fatto di regole ferree da riformare, doppi mandati da rivedere, esperienze al vertice finite male (vedi la mancata riconferma di Virginia Raggi a Roma) e soprattutto il tema delle alleanze in un campo che da largo è diventato sempre più stretto.
Su questo terreno, sul rapporto tra M5S e Pd, si è consumato l’ultimo scontro. Non una scissione né un vero addio, com’è avvenuto con il delfino Luigi Di Maio, fondatore di un partitino che poi non ha sfondato, ma l’ennesima crisi che rischia di amplificare una situazione già delicata.
Di sicuro Conte non ha al momento competitor interni: chi la pensava in modo diverso da lui è uscito per mancanza di truppe. Chiara Appendino, che fino a ieri era vicepresidente dei Cinquestelle e all’inizio era perfino annoverata tra i più contiani, si è dimessa dall’incarico semplicemente perché non può essere ora l’alternativa al leader: è abbastanza isolata. Dopo la batosta delle ultime regionali ha espresso il suo disappunto: «Siamo troppo appiattiti sul Pd», ma poi ieri entrata via zoom al Consiglio nazionale non ha trovato sponde per creare una minoranza e ha formalizzato con una lettera il suo addio al ruolo di vice. Conte ha risposto sereno dicendo che «il confronto è sempre utile». Ed è sereno perché tra una settimana l’assemblea del popolo pentastellato voterà per rinnovare le cariche e lui sarà confermato presidente senza problemi.
Una volta ottenuto il via libera, indicherà i nuovi vicepresidenti: dalla vicaria Paola Taverna agli altri fedelissimi Mario Turco, Michele Gubitosa, Riccardo Ricciardi con in più il possibile innesto di Vittoria Baldino, la deputata che ha dovuto fare largo a Pasquale Tridico in Calabria.
Cosa farà, in futuro, l’ex sindaca di Torino? In un post sui social Appendino ha spiegato che non intende lasciare il Movimento, non farà come Di Maio né come l’ex sottosegretario Mattia Fantinati appena approdato alla corte di Marattin, «ma prima dobbiamo avere il coraggio di cambiare traiettoria». Appendino proverà quindi a organizzare una fronda interna e a catalizzare sudi sé il malumore dei grillini delle origini, quelli che ancora sentono il fondatore garante e non vedono l’ora di rientrare in pista, come Toninelli, la Raggi, forse anche Dibba. Il problema, però, è che la pattuglia parlamentare non la seguirà perché risponde a Conte. E per Chiara il futuro, per adesso, appare molto oscuro.