La tela comincia a comporsi, o a scomporsi, a seconda dei punti di vista. La notizia è che Beppe Grillo è tornato. A fine agosto il guru fondatore ha ripristinato il sito lanciato nel 2009, www.movimento5stelle.it, che era dormiente dall’inizio dell’era contiana. Lo notizia nella notizia è che sul sito campeggia il simbolo del Movimento, che è lo stesso attualmente depositato in Parlamento in rappresentanza dei Cinque Stelle di Giuseppe Conte. Si annuncia il secondo round della sfida tra il fondatore e l’affondatore, come ormai i grillini del primo corso delusi hanno preso a soprannominare l’avvocato del popolo da tempo impegnato però soprattutto nella difesa di se stesso? Quasi un anno fa, nel dicembre 2024, Conte ha letteralmente buttato fuori dal Movimento l’Elevato e fatto piazza pulita. L’ex premier si è circondato di fedelissimi e neofiti, ha trasformato il partito dell’uno vale uno in una forza dove uno vale per tutti. L’operazione lo ha fatto salire nei sondaggi di tre punti, dal 10% a circa il 13, ma nelle urne regionali M5S è andato a fondo, navigando intorno al 5%.
Giuseppi si è legato al campo largo, con l’ambizione di concorrere alle primarie per la scelta del candidato premier del centrosinistra alle prossime Politiche, che sembrano sempre più inevitabili, vista la debolezza di Elly Schlein. Lui è anche convinto di vincerle, e non senza ragione, visto che ha il gradimento più alto di tutti i leader della sinistra ed è l’unico, della potenziale classe dirigente che si candiderebbe ad avere il curriculum adeguato. Campo largo però significa Pd, che per un grillino doc equivale alla peste. Grillo li chiamava “i pidioti” e sono leggendarie le umiliazioni impartite dal comico prima a Pierluigi Bersani, che voleva assolutamente governare con lui, poi a Matteo Renzi, in diretta streaming, che con tutta la sua parlantina non ci cavò un ragno dal buco. Non può stupire quindi che nel Movimento sia tanto lo scontento verso la deriva dem che il leader sta imponendo e che pare portare frutti solo a lui e non alla squadra. Ecco perché la mossa di Grillo ha riacceso le speranze nella vecchia base delusa e nei tanti grillini che furono stelle e ora sono solo ex. Un ritorno in prima linea del comico però pare escluso. Un suo stretto consigliere genovese, che lo ha esortato a riappropriarsi del sito, minimizza la mossa: Beppe vuol solo riprendersi ciò che è suo e non lasciare a una persona indegna - ma la parola pronunciata al telefono è ben più pesante - quello che ha creato. Però, una volta che si è ripreso ciò che è suo, non è detto che il fondatore non lo metta a disposizione di chi è disposto a riprendere i valori originari del Movimento, anche se le condizioni sono cambiate. Parliamo anche del simbolo, che per avviare un’avventura politica non è poca cosa. Grillo da sempre sostiene che Conte gliel’abbia rubato e ha anche valutato una causa legale per impedirgli l’uso, ottenendo un parere favorevole dagli avvocati contattati.
Poi ha deciso che la spesa non valeva la resa, anche perché l’esito del contenzioso non è certo: lo statuto dice che il simbolo è di Grillo e in uso al Movimento di Conte, ma il deposito in Parlamento, con la sua funzione di rappresentanza, complica le cose. Erano però altri tempi. Conte sembrava il padrone assoluto. Oggi i verdetti delle urne hanno cambiato tutto. Domani parte la tre giorni per indicare la nuova presidenza del Movimento. Non ci saranno sorprese per quanto riguarda il numero uno, che resterà l’avvocato. Sarà ufficializzato però l’addio di Chiara Appendino alla prima linea della dirigenza. L’ex sindaca di Torino, che da più di un anno il leader sta sempre più marginalizzando, paga lo sfogo pubblico contro il corso troppo succube ai dem e lontano dall’indipendenza delle origini. In Parlamento Appendino non ha molti alleati. Insofferenti ce ne sono, come l’ex ministro Stefano Patuanelli, ma restano sotto traccia. Fuori però, la potenziale squadra per un Movimento 2.0 è numerosa. Ci sono l’ex sindaca di Roma Virginia Raggi, il fu Iena ed europarlamentare Dino Giarrusso, la pugliese Grazia Di Bari, ora candidata per Avs dopo che Conte le ha sbarrato la strada, l’intramontabile Danilo Toninelli, che infaticabile parla a se stesso via social. Alessandro Di Battista? No, lui fa un altro gioco, e comunque si muove in solitaria. E lo spazio politico? I grillini che seguirono Luigi Di Maio sulla via di Mario Draghi premier e defenestratore di Giuseppi giurano che ci sia. Sostengono di aver provato sulla propria pelle come un vero elettore pentastellato può perdonare tutto ai suoi beniamini, tranne il tradimento. E cos’è più tradimento che andare con il Pd per la poltrona? Le elezioni in Campania, il prossimo mese, potrebbero essere un segnale importante. Il candidato governatore è Roberto Fico, ex presidente grillino della Camera ed ex duro e puro. Se M5S non supererà il 10% nella terra dove nel 2018 raggiunse il 41% il messaggio sarebbe chiarissimo: c’è un popolo che ha perso il suo punto di riferimento. E allora l’operazione ritorno, più che di Beppe degli ex nel suo nome, potrebbe davvero partire. E sancire la fine del campo largo.