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Elkann vende Repubblica, a sinistra è già panico: "Faranno solo casini..."

di Mario Sechi sabato 25 ottobre 2025

4' di lettura

MARIO SECHI


Un saggio mi diceva sempre: «Entrare nell'editoria è facile, il difficile è uscirne». Pare che John Elkann abbia deciso di uscirne. O meglio, di lasciare l'attività della carta stampata in Italia e tenersi solo quella patinata, influente (e in utile) dell'Economist, il settimanale più prestigioso del mondo. Non c'è niente di strano, anche quella dei giornali è una storia di comprati e venduti, quello che è divertente è che nel portafoglio di Exor c'è una società che si chiama Gedi, che a sua volta controlla Repubblica e La Stampa.

Il quotidiano di Torino è una vecchia ed elegante signora a cui gli ultimi direttori hanno deciso di far ballare il foxtrot, spostandola troppo a sinistra e dunque sbagliandone il posizionamento. Il pezzo che conta davvero è il quotidiano fondato da Eugenio Scalfari, da sempre dipinto come giornale-partito, di sicuro l'ultimo bastione di osservanza democratica (ma non troppo). Elkann perde soldi, perde tempo, subisce grandi rotture di scatole,
che voglia vendere ci sta, dunque nessun dramma. Il problemone è del Pd, nel Pd, tutto del Pd. E qui il vostro umile cronista apre l'agendina, compone un numero di telefono e compulsa ogni singola parola di una sua fonte tripla A. Non ne posso rivelare il nome, ma la sagoma è di quelle che conoscono, sanno, vedono e non parlano (quasi) mai. 

Gli riferisco che il Foglio ha appena scritto che il Pd sta cercando un soccorso rosso per far finire Repubblica nelle mani di amici, notizia verissima che circola da molte settimane. «Dici che se ne occupa il Pd? Allora può
darsi che combinino dei casini». Dunque si parte con lo scetticismo, confermato da un lapidario «la vendita è difficile da concludere, soprattutto se il compratore è, come dicono, quel greco, Kyriakos Kyriakou». E perché mai un greco non
andrebbe bene? «I giornali sono dimagriti, ma restano importanti, Repubblica è il punto di riferimento della sinistra e secondo te la vendono a un imprenditore non italiano e per di più con il sostegno dei sauditi?». 

Beh, effettivamente... l'asset strategico della sinistra in mano allo straniero. «Vedi, tu lo sai bene, per funzionare i giornali hanno bisogno di un editore e di un direttore, fatta la coppia, tutto il resto viene di conseguenza. Ti faccio un esempio, proprio quello di Repubblica: è nata con Scalfari, ma Caracciolo e Formenton l'hanno fatta crescere fino a trasformarla in un grande successo imprenditoriale». E Carlo De Benedetti?

«L'Ingegnere è stato bravo e sai perché? Perché ha lasciato piena autonomia a Ezio Mauro». Qui mi scatta un flashback: parecchi mesi fa, via del Babuino, Roma. Incontro l'ex direttore di Repubblica, Ezio Mauro, uomo severo, ma con me sempre affettuoso, scambiamo due battute sui soliti casini del nostro mondo e gli chiedo: «Qual è stato per te il miglior editore?». Ezio risponde come un fulmine con due nomi: «Carlo Caracciolo e l'Avvocato». Girandola di coincidenze, questo colloquio avvenne di fronte al palazzo che un tempo ospitava la mitica libreria Feltrinelli di via del Babuino a Roma (che oggi non c'è più), si celebrano i cento anni di Carlo Caracciolo e gli eredi di Agnelli vendono i giornali.

La mia fonte riprende dagli intrecci di ieri e oggi, da lui, dal Principe: «Caracciolo è stato un grandissimo, era uno svagato competente, un gaudente, e sapeva fare i giornali. Ora il problema è che il Pd può agitarsi quanto vuole, ma non troverà nessuno che sappia fare il mestiere dell'editore, perché non c'è più nessuno, Elkann ha deciso di andare via e non è stato trattato bene dai suoi giornalisti, che ora bussano alla porta del Partito Democratico». La situazione oscilla tra il tragico e il comico e infatti si fanno i nomi di Carlo Feltrinelli, erede della famiglia (che non sa niente di quotidiani); fiocca elegantemente il nome di Brunello Cucinelli (esperto di cachemire, non di quotidiani), mentre parecchi mediatori si sono fatti avanti e altrettanti si sono tirati indietro quando hanno visto i conti e le perdite monstre.

Gedi brucia soldi, i bilanci li curerà il responsabile dell'informazione del Pd, Sandro Ruotolo? Così vanno subito a... ruotoli. Nei bilanci di Gedi Repubblica vale circa 60 milioni, questo sarebbe in teoria il prezzo di vendita, ma viste le perdite sarebbe come buttare soldi in una fornace. Al Pd non conoscono le tabelline, non hanno neanche la minima idea di cosa sia un quotidiano, un'azienda editoriale, quindi la mia fonte ha perfettamente ragione, «può darsi che combinino davvero dei casini». Alcuni dei protagonisti (veri e presunti) delle mediazioni girano per Roma chiedendo a destra e a manca consigli e opinioni sulla cessione, l'unica cosa regolare è la confusione e il fatto che il Pd pensi di intervenire e risolvere la situazione dà l'idea del casino. 

Si dice, si mormora negli ambienti della sinistra che «interverranno le banche». L'ultima volta che da quelle parti hanno citato "una banca" non è andata benissimo, al loro posto lascerei perdere. La realtà è che Repubblica è una chiesa e il Pd si è trasformato in una sacrestia, non si capisce chi è il prete, non si sa che messa cantare e soprattutto quella chiesa anno dopo anno è sempre più vuota.

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