Mentre la manovra è attesa al Senato per iniziare il suo iter, la Lega alza il tiro contro le banche. E rivendica un aumento del contributo a carico degli istituti di credito contenuto nella legge di Bilancio. «Sorprendenti e irritanti dichiarazioni di alcuni banchieri a proposito della manovra finanziaria» si legge in una nota diramata ieri dal Carroccio. «A fronte di quasi 50 miliardi di utili» prosegue «è doveroso che i grandi istituti aiutino il settore sanitario, le famiglie e le imprese. Le banche hanno il dovere morale di restituire al Paese una parte dei guadagni che sono frutto dell’efficace azione del governo e di commissioni e interessi dei cittadini-clienti. I gruppi della Lega sono determinati a proporre soluzioni per rendere ancora più significativo il contributo».
Del resto, già nei giorni scorsi il leader della Lega Matteo Salvini era intervenuto sul tema, chiedendo apertamente un maggior contributo dalle banche. Il tutto con l’obiettivo di «aumentare, non per tutti, pensioni e stipendi, di cancellare le cartelle esattoriali fino al 2023, assumere medici e infermieri». In questo contesto, aveva detto il vicepremier, «chi ha di più deve dare di più. Le banche quest’anno chiuderanno con profitti per oltre 50 miliardi di euro, se ne guadagneranno “solo” 45... penso che sia una cosa utile anche per gli anni a venire. In un momento di difficoltà di più chi ha di più deve dare di più». «Non è un esproprio proletario» aveva puntualizzato.
FERMA OPPOSIZIONE
Ma la misura sconta la ferma opposizione di Forza Italia, fortemente contraria a qualsiasi tassazione dei cosiddetti extraprofitti. E anche ieri, con una risposta indiretta, Fi ha tenuto il punto per bocca del segretario del partito, Antonio Tajani, intervenuto agli Stati generali della casa a Torino. «La manovra la scrive il governo ma anche il Parlamento, che può modificare quanto scritto dal governo, penso alla casa e all’articolo 18 sulla tassazione dei dividendi dell’impresa: ci dovremo impegnare per migliorare la manovra» ha puntualizzato il vicepremier, riferendosi anche all’incremento delle imposte sui dividendi distribuiti ai soci dalle aziende.
Quanto «al contributo degli istituti di credito, non siamo contrari, in Finanziaria stiamo dicendo attenzione a come si chiedono le tasse: il contributo deve essere chiesto e non imposto, non vogliamo turbare la maggioranza ma siamo una forza liberale che difende i principi liberali» ha sottolineato Tajani. «Non siamo contro nessuno, non siamo opportunisti, ma abbiamo visione dell’Italia che è figlia della parola libertà» ha aggiunto.
In ogni caso, sulla norma si è registrata una convergenza con le altre forze della maggioranza, visto che la manovra, che prevede 18,4 miliardi di interventi a favore dell’economia, coperti da un minimo aumento del deficit e da 17,3 miliardi di minori spese e maggiori entrate, fa affidamento su 4,3 miliardi di «misure a carico del settore finanziario e assicurativo», che diventano 11 in tre anni.
L’accordo sul contributo è stato raggiunto nella serata del 16 ottobre quando si sono conciliate le richieste di Forza Italia da una parte e quelle della Lega dall’altra. Alla fine si è trovata una soluzione di compromesso. Dal mix di interventi è infatti scomparsa formalmente la tassazione sugli extraprofitti così come chiedeva Forza Italia: nella manovra 2026 non sarà prevista una sola misura per banche e assicurazioni ma, appunto, una serie di interventi per raggiungere il gettito previsto di 4,3 miliardi per due anni più 2,5 miliardi per il terzo.
OPZIONE VOLONTARIA
Ricalcando la soluzione del 2023, sarà applicata un’imposta del 27,5%, anziché del 40%, sugli utili maturati dagli istituti di credito posti a riserva. In pratica le banche per il prossimo triennio dovranno versare allo Stato il 27,5% se vorranno distribuire utili ai propri soci. Si tratta quindi di un’opzione volontaria. L’elemento più pesante è però la previsione di una addizionale Irap di due punti. Una misura che il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha indicato come strutturale. Non c’è nessuna garanzia, comunque, che i maggiori costi che le banche sopporteranno non saranno traslati sulla clientela. Su quest’ultimo aspetto è intervenuto ieri il presidente dell’Associazione bancaria italiana (Abi), Antonio Patuelli, escludendo che l’intervento si tradurrà in un aumento delle commissioni a carico dei clienti. Poi ha respinto la logica dietro la tassazione degli extraprofitti.
«Dal 2008 abbiamo avuto la crisi finanziaria, quella dei redditi sovrani, e le crisi di una decina di banche italiane che hanno avuto problemi di solidità patrimoniale dopo l’entrata in vigore dell’unione bancaria a novembre 2014. E le crisi bancarie italiane, salvo una, sono state affrontate tutte con le risorse delle banche concorrenti» ha detto Patuelli. Intanto, è boom di candidature per lavorare nei cantieri del Ponte sullo Stretto. Sono già 3.850 le candidature arrivate in poco più di 24 ore dall’annuncio da parte di Webuild dell’avvio della selezione per le prime assunzioni legate alla realizzazione dell’opera. A quanto si è apprende, il sito del gruppo ha registrato «oltre 50.000 accessi» da venerdì, dato che «testimonia l’enorme interesse» per il progetto, considerato tra i più strategici per il rilancio infrastrutturale del Paese. La nota diffusa il 24 ottobre ha confermato che è in corso la raccolta di candidature per posizioni per staff e operai destinati ad Eurolink, il consorzio guidato da Webuild incaricato della realizzazione dell’opera.