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Obama, Hollande, Sanchez: l'assurda mania dei dem di cercare un papa straniero

Nel 2008 il Pd venne stregato da Barack: "Il suo vento soffierà fino a noi". Ma arrivarono subito altre batoste elettorali. Da Madrid a Parigi, caccia ai modelli da importare in Italia. Compresa la cotta per lo sloveno Golob
di Pietro De Leogiovedì 6 novembre 2025
Obama, Hollande, Sanchez: l'assurda mania dei dem di cercare un papa straniero

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Zohan Mamdani è solo l’ultimo dell’affollatissima galleria di esultanze da esportazione della sinistra italiana, rivolte a leader cui aggrapparsi per trarne ispirazione, o forse consolazione dai mali domestici. Dunque in questo giro del mondo virtuale, Elly Schlein e tutto il Pd atterrano idealmente nella Grande Mela, per osannare questo leader islamo-radicale di sinistra, antitrumpista fino al midollo che propone un programma da terremoto per le casse pubbliche di New York. Elly e soci mollano per un attimo quel Pedro Sanchez, primo ministro socialista spagnolo, ampiamente blandito e innalzato a esempio, per quanto in preda a una profonda crisi politica, di partito, e afflitto da questioni giudiziarie familiari che di certo non si addicono a un Pd così moralista come lo conosciamo. Ancora prima, sempre guardando a Madrid, la sinistra italiana era andata in brodo di giuggiole per la vittoria di Jose Luis Zapatero, presidente socialista celebre per l’agenda Lgbt e le battaglie pro-migranti. Tutto fa brodo in momento di carestia, quando mancano disperatamente idee forti sul piano interno.

Nella sinistra del post 2006, se si esclude una brevissima parentesi iniziale della parabola di Renzi, è stata una costante. E lo zio d’America ha fornito qualche refolo di ossigeno. Pensare che i dem nostrani si aggrapparono persino alla vittoria del progressista Robert Golob in Slovenia, era il 2022. «Si ferma la virata sovranista», dissero dalle parti del Nazareno. Due mesi dopo, arriva la debacle totale contro il centrodestra in Italia. Andando indietro negli anni, ecco per esempio il gemellaggio intellettuale con il socialista francese Hollande, nel 2012, durante la campagna elettorale che egli vinse contro l’uscente Sarkozy. Pier Luigi Bersani, segretario Pd, atterrò a Parigi per partecipare a una convention gauchista e disse: «Per una volta noi italiani abbiamo aperto la strada. Gli amici italiani di Hollande hanno mandato a casa Berlusconi». Solo che Berlusconi non era stato “mandato a casa” per sconfitta elettorale, ma per una crisi della maggioranza agevolata da alcune pressioni internazionali.

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Poi c’è la suggestione americana. Amp€ia, ricca e gustosa da raccontare. Nicola Zingaretti nel 2020 scelse uno slogan per la campagna adesioni che recitava così: «Non per l’io, ma per il noi». Vagamente ispirato al vecchio leone della sinistra radicale Bernie Sanders che correva per le primarie democratiche al suon di “Not me. Us”, cioè “Non io, noi”. Sanders si ritirò, Zingaretti qualche mese dopo lasciò la segreteria. Invece Elly Schlein si era calata nella campagna elettorale di Kamala Harris: «Forza Kamala, anche il Partito Democratico ti sostiene in questa sfida cruciale!», scrisse sui social dopo la convention di Chicago che incensò la vice come candidata. Peccato che questo “sostegno” non sia stato così efficace. Ma è assai più godibile il binomio Walter Veltroni-Barack Obama che solcò la politica italiana nel 2008, anno in cui sia da noi ci furono le politiche, negli Usa le presidenziali. Il senatore dell’Illinois piace alla gente che piace, suggestiona e affascina con il suo “Yes We Can”. Di qua, un Veltroni in preda nella partita improbabile contro Berlusconi ci prova con «Si può fare».

Non si poté fare, perché poi il centrodestra stravinse. Però il Pd provò a consolarsi andando in delegazione alla convention di Denver che avrebbe incoronato Obama candidato dem. I rumors parlarono di una certa smania dei piddini per entrare nel ristrettissimo gruppo di 5 persone da inviare in America. Si aspettavano grandi cose, ma l’organizzazione li sistemò in un Country Inn vicino all’aeroporto, a 20 minuti dal luogo della convention. L’incubo di passare inosservati e dunque del dileggio mediatico fu sventato da una capatina nel box dei Kennedy, con tanto di foto. Obama vinse, e Franceschini disse: «Il vento arriverà qui da noi». Peccato che poche settimane dopo, la sinistra perse anche le regionali in Abruzzo. «In compenso abbiamo vinto in Ohio», commentò uno sconsolato Arturo Parisi.

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