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Nuovo scandalo Report: sottratti gli sms a Meloni

di Brunella Bolloli sabato 8 novembre 2025

4' di lettura

Il dossieraggio vestito da giornalismo colpisce ancora: nel mirino sempre il centrodestra. Informazioni sensibili, come una corrispondenza che coinvolge un parlamentare, data in pasto all’opinione pubblica e anticipata con effetto attesa per creare il caso. Il caso, in effetti, è stato creato. Ed è già diventato tema di scontro politico durissimo tra Fratelli d’Italia, che annuncia interrogazioni parlamentari, e Report. La trasmissione di Sigfrido Ranucci manderà in onda domani sera «documenti esclusivi» dai quali emergerebbe che il 23 aprile 2021, in piena pandemia Covid, Agostino Ghiglia, componente dell’Autorità Garante per la privacy, avrebbe avvisato in anteprima Giorgia Meloni del provvedimento del green pass adottato dal governo allora guidato da Mario Draghi. Meloni che era all’opposizione gli avrebbe risposto: «Bravo, ora esco». E più tardi la leader di Fdi sarebbe “uscita” sulle agenzie con una dichiarazione ripresa dall’Ansa.

Che cosa vuole dimostrare la nuova inchiesta di Report? I legami tra il Garante della privacy e il partito della premier, in scia con quanto già mandato in onda nelle scorse puntate a proposito del caso Sangiuliano e della presenza di Ghiglia in via della Scrofa (dove era andato per incontrare Italo Bocchino e parlare del suo libro). Ma il problema è un altro. E Fdi lo mette bene in chiaro con la furia di Giovanni Donzelli e degli altri colleghi indignati per la violazione della privacy, questa sì, dei messaggi della Meloni. «Gravissima ferita della democrazia», tuona il responsabile organizzazione di Fdi. «Non c’è una sola spiegazione consentita dalla legge e dalla Costituzione per cui un giornalista possa essere in possesso e pubblicare le conversazioni private tra un componente di una autorità di garanzia e un parlamentare senza che siano stati loro a consegnarle spontaneamente. Nemmeno un’autorità giudiziaria in presenza di una ipotesi di reato, e non è certo questa la fattispecie, potrebbe farne uso senza l’autorizzazione del Parlamento». Il collega Mollicone ha già pronta l’interrogazione per sapere «se tali attività “investigative” di Report si siano svolte nel pieno rispetto della deontologia professionale e delle regole di uno Stato di diritto».

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M5S e Avs, invece, difendono l’operato di Ranucci e pure per il Pd mandare in onda le chat private tra Meloni e Ghiglia è normale. In sintesi: l’opposizione, a scarso di argomenti, attinge dal “metodo Report” per attaccare il governo e lo stesso Ranucci, ormai faro del centrosinistra, approfitta per annunciare che nella prossima puntata saranno sbandierati anche «i reali compensi dell’ufficio del Garante della Privacy», che però replica l’Autorità cui tocca il trattamento pelo e contropelo, «sono in linea con la legge e con quelli delle altre principali Autorità e l’avanzo di cassa ammonta a 65 milioni e non a 95, come dice Report». Resta il fatto che nei confronti del centrodestra gli scoop di certa stampa hanno sempre quel qualcosa in più che sembra servito su un piatto d’argento da una manina esperta. È il caso, ad esempio, del dossieraggio scoperchiato da Guido Crosetto dopo avere letto cifre riservate dei suoi compensi sulla prima pagina del quotidiano Domani, fondato da Carlo De Benedetti e già editore anche del settimanale L’Espresso. Dal suo esposto è nata l’inchiesta sul cosiddetto “verminaio degli accessi abusivi” (come lo definì il procuratore capo di Perugia, Raffaele Cantone) che oggi vede 23 soggetti a rischio processo, tra cui i tre cronisti del pool investigativo del Domani, l’ex finanziere Pasquale Striano, loro fonte privilegiata istigata dai giornalisti a compulsare banche dati riservate, e l’ex sostituto procuratore in forza alla Dna, Antonio Laudati.

Il maxi-dossieraggio è durato dal 2018 al 2022 e nelle 270 pagine di chiusura indagine il procuratore aggiunto di Roma Giuseppe De Falco e la sostituta Giulia Guccione hanno ricostruito nel dettaglio le “spiate” ai danni di 166 vittime illustri, quasi tutte del centrodestra tranne Matteo Renzi che si costituirà parte civile al processo. «E chiederò i danni ai responsabili», ha tuonato il leader di Italia viva. Sentenze, ordinanze di misure cautelari, redditi, informative e documenti che sarebbero dovuti rimanere top secret sono invece stati spiattellati in prima pagina. E al direttore del Domani, Emiliano Fittipaldi, che difende il lavoro dei segugi dagli attacchi del potere, Fdi replica: «Andremo fino in fondo alla ricerca dei mandanti, serve chiarezza sui vertici della Dna». Oltre ai pm indaga la commissione parlamentare Antimafia. «Adesso la palla passa alla politica, a questa commissione», ha detto la presidente Chiara Colosimo, «daremo ai cittadini tutte le risposte che devono avere»; perché, ha aggiunto, «non si è trattato di singoli servitori infedeli, non si è trattato di mele marce, si è trattato di un sistema abusivo di dossier per questo noi scriveremo tutto senza sconti».

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