Silvio Berlusconi è immortale. Attuale più che mai, a ormai due anni e mezzo dalla sua scomparsa, il quattro volte presidente del Consiglio, imprenditore di successo, uomo di televisione, cinema e trionfi sportivi, ispira ancora gli artisti e rinasce, o meglio, si prende un tempo supplementare a teatro. Da domani sarà infatti in scena a Roma Silvio, commedia liberamente ispirata al più importante uomo politico e imprenditore degli ultimi quarant’anni di storia italiana.
Una commedia sul potere, dissacrante al punto giusto, amara quanto basta, nella quale non mancano tracce di pietas pur essendo dichiaratamente libera da qualunque tipo di compromesso e derivati. Come quei giudizi che il più delle volte sono stati pregiudizi che hanno accompagnato l’intera parabola esistenziale dell’uomo Berlusconi. Non è un caso, infatti, se in questa pièce teatrale scritta e diretta dal regista Giovanni Franci, il protagonista viene appellato solo per nome: Silvio. Ad aiutare sarà sicuramente anche il contesto all’interno del quale lo spettacolo prende vita: quello di un teatro off, l’ Off Off Theatre di via Giulia, nel cuore di una Roma al tempo stesso borghese ma anche profondamente popolana, papalina ma anche libertina. Aggettivi, modi di fare e di essere tutti assai berlusconiani che del resto, proprio in quel reticolo di vie, tra i rioni del cuore di Roma, Ponte e Parione, tra il Lungotevere e piazza Navona, aveva trovato il primo approdo romano, all’alba della sua carriera politica.
Da domani a domenica, in quegli stessi paraggi, tornerà a farsi vedere, affacciandosi da una locandina teatrale, dove a interpretarlo sarà l’istrionico attore Gabriele Guerra, affiancato da Priscilla Micol Marino e Riccardo Pieretti nei ruoli dell’infermiera e dello scrittore, mentre Tiziana Sensi vestirà i panni di Veronica Lario.
Personaggi riferiti indubbiamente alla realtà: d’altra parte il regista Franci, nonostante sia poco più che quarantenne, è già noto agli addetti ai lavori e al pubblico, come un autore capace più di altri di portare la cronaca sul palcoscenico. Trasformando, però – come solo il teatro sa fare – i volti e in maschere spesso profondamente idealizzate. Sfumature che si colgono andando a teatro. Specie per l’appunto nei teatri off, dove la quarta parete non è solo spettatrice ma respira e scruta più da vicino ogni sfumatura che il regista vuol far cogliere a chi osserva lo spettacolo.
Proprio gli sguardi sono i protagonisti aggiunti di questo spettacolo, nel quale Silvio ha il dono di avere ventiquattro ore in più rispetto a quella mattina del 12 giugno 2023, quando tutto il mondo seppe, quasi all’improvviso, che quell’uomo con il sole tasca aveva iniziato, complice Sorella Morte, ad abbandonare per sempre il proscenio. Qualcosa che, però, gli italiani – berlusconiani e non – si ostinano a non concedere a Silvio. Tanto continua ad essere nominato, raccontato, evocato. Proprio come se lui ci fosse ancora.
Ed è proprio qui che entra in scena l’estro caleidoscopico del regista Franci. Che dal feticcio di Silvio Berlusconi riesce di fatto a tirare fuori uno spaccato dell’Italia del 2025, in cui Berlusconi non c’è più fisicamente ma continua ad esistere nelle teste degli italiani. Tanto da far immaginare al drammaturgo romano una sorta di “tempi supplementari” per vedere l’effetto che fa. O meglio, l’effetto che avrebbe fatto se Silvio avesse avuto altre 24 ore. Una ulteriore vicenda che Franci guarda attraverso la lente teatrale, per ricostruire un giorno speciale, forse l’ultimo di Silvio Berlusconi. Una chanche in più offerta al Cav per parlare ancora? «Ad essere sincero, la chancela offro più al pubblico che a lui» ha spiegato il regista a Libero. «La chance di cercare di capire qualcosa in più su di lui, qualcosa che vada oltre la macchietta, l’imitazione e la superficie».
Berlusconi, d’altra parte, come soggetto di scena non è un inedito. Anzi. È stato rappresentato al cinema da Tony Servillo, diretto da Paolo Sorrentino nei due capitoli del film “Loro”. Un precedente che tuttavia non ha influenzato il giovane Franci, che ci ha confessato di aver fatto riferimento solo alla sua coscienza e ai suoi ricordi. «Sono cresciuto nell’era Berlusconi, così ho raccontato quanto ho assimilato da questa esperienza, nel tentativo di digerirla e di conseguenza di comprenderla».
Un po’ di suspense, però, aspettatevela pure, perché «niente in questo spettacolo è quello che sembra. Veronica, in una visione dikensiana, è il suo fantasma del Natale passato, col quale sarà costretto a tracciare un bilancio della sua esperienza sentimentale». Tutto ciò, però, davvero senza sguinzagliare giudizi morali. E Franci ci ha spiegato anche il perché. «In un certo senso perché ho cercato di mettermi il più possibile nei suoi panni. Nei panni, quindi, di un personaggio straordinario, profetico e allo stesso tempo metafora e ossimoro di tutti noi. Per assurdo, quindi, parafrasando Flaubert, potrei dire che Silvio c’est moi».